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La banalità del crimine

2017
Titolo Originale:
La banalità del crimine
REGIA:
Igor Maltagliati
CAST:
Mauro Meconi (Molise)
Marco Leonardi (Conte)
Alessandro Prete (Slavo)

Il nostro giudizio

La banalità del crimine è un film del 2018, diretto da Igor Maltagliati

Nel fitto sottobosco dell’underground italiano, il genere noir è sicuramente – insieme all’horror – quello più gettonato. Ne è un’ennesima prova l’efficace La banalità del crimine (2018) di Igor Maltagliati, regista dell’action The innocent bastard  ma anche sceneggiatore di Canepazzo di David Petrucci e Road to L. di Federico Greco e Roberto Leggio. La vicenda narrata e lo stile adottato si pongono alla confluenza fra le serie-tv italiane Romanzo criminale e Gomorra e il modello tarantiniano de Le iene. Nella Roma contemporanea, il Tranquillo e lo Slavo sono due fratelli a capo di una gang composta da sei membri, ciascuno con i suoi compiti: il Conte e Spillo uccidono, il Calvo e la bionda Guinnes ripuliscono, Molise e Mohicano seppelliscono. Tutto procede nella routine, fino a quando qualcuno uccide due corrieri della droga e fa sparire soldi e roba. Inizia così una caccia all’uomo per trovare il nemico, scatenando una lotta interna. I modelli a cui Maltagliati si rifà sono ormai abbastanza sfruttati nel cinema italiano (e non solo), eppure la sceneggiatura e la regia riescono a creare un’opera che, pur non brillando per originalità, trova punti di interesse nei dialoghi e nella costruzione dei personaggi. Pur non essendoci vere e proprie scene d’azione, il ritmo e la violenza non mancano; ottima anche la scelta di alternare due piani narrativi: le dinamiche criminali interne alla banda e le vite private dei protagonisti.

Si tratta di un film low-budget, eppure La banalità del crimine gode di una confezione pregevole: regia “quadrata” e sempre in grado di tenere alta l’attenzione, fotografia dall’effetto cinematografico e interpretazioni efficaci – certo, un po’ di azione in più non avrebbe fatto male, e le location tradiscono l’essenzialità dei mezzi, ma sono aspetti sui quali si può soprassedere. Nel cast spicca Marco Leonardi (il Conte), che di recente abbiamo apprezzato nel noir Anime nere di Francesco Muzi, molto attivo in serie-tv e volto noto del cinema italiano e internazionale; gli aficionados riconosceranno sicuramente nel ruolo di Molise anche Mauro Meconi, il Fierolocchio della serie Romanzo criminale; il torvo Andrea Bruschi (1992 e 1993) è Mohicano, mentre la femme fatale Claudia Vismara (Tutte le donne di un uomo da nulla di Roger A. Fratter e vista più volte in vari telefilm) è la prostituta Beba, compagna di Spillo (Alessandro Parrello). Tranne Leonardi, dunque, nessun nome particolarmente famoso, ma tutti con una certa esperienza in televisione e soprattutto coi volti giusti per questi ruoli: personaggi borderline, non grossi gangster con manie di grandezza ma piccoli delinquenti per i quali il crimine è ormai routine (“banalità” appunto, come suggerisce il titolo). I volti torvi e segnati, insieme alle location “povere” ma efficaci (bische, quartieri e strade di periferia), contribuiscono a creare un’atmosfera quasi pasoliniana, quella dei primi film come Accattone e Una vita violenta. I modelli più vicini, e volutamente richiamati, sono però quelli di Romanzo criminale – a cominciare dai soprannomi e dall’abbigliamento dei gangster – e di Tarantino. Due stili così differenti, ma che la regia è abile nell’amalgamare e alternare.

Tipicamente tarantiniani sono alcuni dialoghi – vedasi Leonardi che spiega a Spillo come si prepara l’insalata seduti su un cadavere, o i due boss che disquisiscono allegramente sulla punizione da infliggere a un prigioniero – così come l’inquadratura dall’interno del baule che si chiude, mentre la ricerca del traditore e la lotta intestina omaggiano Le iene. I momenti più pregnanti, ad ogni modo, sono quelli che richiamano da vicino il noir italiano contemporaneo: la “morale del crimine”, per richiamare il maestro Fernando Di Leo, cioè il crimine vissuto come stile di vita, con precisi codici di comportamento ben espressi dai dialoghi. Mentre le vite personali trascorrono all’insegna del fallimento, assistiamo a esecuzioni e tradimenti, e un ritmo che cresce con la caccia al colpevole, fino ai buoni colpi di scena finali. Una menzione anche per le musiche, mai invadenti ma efficaci, di Pivio e Aldo De Scalzi, noti soprattutto per le colonne sonore di vari film dei Manetti Bros.