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L’assassino ha le ore contate

1981
Titolo Originale:
L'assassino ha le ore contate
CAST:
Carole André
Pier Paolo Capponi
Edmund Purdom

Il nostro giudizio

L’assassino ha le ore contate è una serie tv del 1981, inedita, diretta da Fernando di Leo.

«Non c’è più spazio per noi registi di cinema. In Italia ormai si chiedono soltanto due generi fortemente standardizzati: la commedia sbracata con Banfi o il porno tout-court. A questo punto, se non si vuol rischiare la disoccupazione, non resta che ripiegare sui telefilm, contrariamente a quanto è accaduto in America, dove si è passati dai telefilm (vedi Altman e compagni) alla produzione filmica vera e propria”. Nel maggio del 1981 di Leo così teorizzava in occasione della campagna stampa che annunciava il termine delle riprese di sei telefilm da lui diretti e destinati al primo canale nazionale. Una vera e propria serie, dal titolo L’assassino ha le ore contate e composta da episodi di 45 minuti l’uno. Il concept era questo: raccontare le vicende di un nucleo fisso di investigatori della polizia alle prese, di volta in volta, con casi di omicidio particolarmente complessi, quindi con un alto numero di sospettati e un assassino da scoprire. Un’ossatura semplice e classica, che guardava evidentemente al modello di Agatha Christie, in cui il meccanismo del whodunit era sostenuto da ragionamenti logico-deduttivi, sulla base delle testimonianze, degli indizi e delle analisi di un nucleo scientifico della polizia. Nelle sceneggiature approntate da Fabio Pittorru, specialista di gialli per il piccolo schermo, l’iter narrativo seguiva uno schema sempre uguale a se stesso: introduzione dei personaggi, omicidio, intervento della squadra investigativa sulla scena del crimine e interrogatorio dei testimoni, rientro in Questura con altri interrogatori e prime conclusioni, appoggiate ai dati della scientifica, quindi nuove indagini in loco, sottofinale e scioglimento definitivo del mistero alla presenza di tutti i sospettati.

Il novanta per cento dei plot era costituito da dialoghi, l’azione scenica ridotta pressoché a zero, il compiersi del delitto ellittico, scarsi o nulli gli esterni: praticamente, un episodio finiva per distinguersi dall’altro quasi esclusivamente per il mutare degli interpreti e del posto in cui la vittima di turno veniva ammazzata. Di Leo si trovava di fronte a quelli che egli stesso ha definito “atti unici teatrali”, monocordi e quasi impossibili da risollevare in termini di ritmo. Oltretutto, lavorare sulle psicologie era impresa disperata, visto il respiro limitato di ogni episodio e il gran numero di interpreti a rotazione. Restava solo il cast fisso da giocarsi con un minimo di approfondimento: il commissario, Torrieri, interpretato da Pier Paolo Capponi, l’ispettrice Mariani sua partner, scelta in Carole André, e il capoccia della scientifica Edmund Purdom (più il braccio armato della squadra, Carmelo Reale, e l’assistente di Purdom, Carlo Greco). E restava l’appeal delle moltissime presenze femminili, un vero e proprio “gineceo”, che spaziava da una recente (1979) Miss Italia come Cinzia De Ponti a vecchie amicizie del regista come Danika La Loggia, Patrizia Gori, Flora Carosello – il cui marito, il mitico maestro Antonio Boccacci, regista di Metempsyco, fa una parte nel telefilm – fino a esordienti che sarebbero presto e bellamente emerse, come Anny Papa e Mariangela D’Abbraccio. Il tour de force cui di Leo si sottopose per realizzare questo prodotto è noto: gli episodi vennero infatti girati contemporaneamente, a puzzle, e in un brevissimo lasso di tempo. Questo vanificherebbe ogni tentativo di stabilire una successione cronologica e un’eventuale evoluzione stilistica dei sei telefilm; che però, di fatto, esistono.

È abbastanza fuori di dubbio che il pilota fosse Delitto alla moda, non solo e non tanto perché è l’unico che nelle rassegne stampa riguardanti la serie è citato col titolo, dando spazio alla trama e a una delle interpreti, Rita Silva, ma soprattutto perché i cambi di scena sono sempre scanditi da un quadro azzurro con saette e gingle, come usava nei vecchi caroselli, che sparirà nel prosieguo. Inoltre, il rapporto tra Torrieri e la Mariani è ancora di diffidenza dell’uno nei confronti delle capacità investigative e della persipicacia dell’altra partner, cosa che negli altri telefilm si addolcirà, fino al punto da suggerire l’idea che i due siano sull’uscio dal formare una coppia anche nella vita extra-lavorativa. Paradossalmente, Delitto alla moda è anche l’episodio più variato: i flash back che accompagnano le testimonianze degli indagati (in questo caso solo donne, dalla Silva di cui sopra, che è l’assassina di turno e che per far fuori il capoccia dell’atelier ha la volpina trovata di camuffarsi… da se stessa, a Patricia Webley, Patrizia Gori e Serena Bennato) sono più abbondanti del solito, l’azione verbale regge, a livello di regia c’è un buon ritmo e, per inciso, fa capolino l’unico nudo della serie. Tutte cose che latitano nel peggiore degli episodi, Questa sera avrà luogo un delitto, improntato a una staticità assoluta, con interpreti che sembrano giocare alle belle statuine e un intrigo giallo di disarmante incoerenza se proprio non vogliamo dire di stupefacente cretinismo (per uccidere una tossicomane, gli assassini non trovano di meglio che inserire quattro bustine di droga avvelenata in un mucchio di dosi da spacciare, nella speranza che alla vittima capiti una di quelle letali).

Trappola mortale propone un triangolo in cui il marito con la sua amante fan fuori la moglie, la quale era convinta di assecondare una truffa del consorte ai danni di un’assicurazione. Lambiccato, ma si lascia seguire e gli ambienti in cui si snoda la vicenda sono più diversificati del solito. Il colpevole è interpretato da Daniele Dublino, la moglie ammazzata è Flora Carosello e la terza incomoda Adriana Russo. Il personaggio di Carmelo Reale si ritaglia un suo spazio “comico”, come factotum brontolone del duo di investigatori, mentre Purdom è caratterizzato dal ricorso a un astruso linguaggio medico-tecnico (che non funziona affatto). Un criterio di ripartizione dei telefilm potrebbe essere costituito dalla presenza o meno di esterni. Tre spari nella notte, ad esempio, è girato per buona parte all’aperto: qualcuno ha inchiodato un usuraio (Loris Bazzocchi) prima drogandolo e poi sparandogli tre colpi di pistola al cuore – il delitto, peraltro, è mostrato in flash-back, alla fine, quando si scopre che a uccidere è stata l’amante dello strozzino, Elide Melli. Di Leo pare ispirato, usa molte inquadrature e forse adatta qualche dialogo. La linea del rapporto Torrieri-Mariani presenta ancora qualche asperità, per cui è probabile che l’episodio venga idealmente dopo Delitto alla moda. Due cose che colpiscono in Scambio di persona sono l’uso abbondante – quasi invasivo – della musica, laddove per il resto della serie il commento sonoro è impercettibile se non inesistente, e il milieu cinematografico in cui si cala l’assassinio di una nota attrice (la felliniana Fiona Florence), freddata da un colpo di fucile. Lasciando perdere colpevole e movente (la moglie di un produttore, che si è vista sostituire nel talamo e sul set dall’uccisa), resta divertente la caratterizzazione dei personaggi: un produttore buzzicone (Geoffrey Coppleston) e la sua corte dei miracoli. Anche il fatto che Torrieri sia leggermente incattivito è un’originalità che fa pensare – molto, molto alla lontana – al Duca Lamberti che fu Capponi in I ragazzi del massacro.

Resta Omicidio in una stanza chiusa, tutto ambientato in una pensioncina di quart’ordine dove a un magnaccia qualcuno spacca la testa con un alare. Anch’esso episodio piuttosto statico e verboso, con una soluzione raffazzonata, in cui non si trova di meglio che far della moglie del gestore (Piero Vida), intrescata sentimentalmente col morto, la colpevole. Il cast femminile, perlomeno, è stuzzicante (Cinzia De Ponti, che di Leo richiamerà per un ruolino in Killer vs killers, Antonella Antinori e Rosa Ferraiolo, la futura moglie del senatore PD Willer Bordon, che appariva anche in Tre spari nella notte) e si rivedono Marino Masé e Salvatore Gammacurta, sfruttatissimo dal regista nei suoi noir. Al bilancio finale, il lavoro è senza splendori ma nemmeno così deludente come si sarebbe potuto pensare dalle parole di Di Leo, che anni più tardi si rammaricava di non aver utilizzato tempi da grande schermo («Ritengo non esista una specifico televisivo e mai più girerò per la tivù in modo diverso da come faccio cinema»). Il pubblico, purtroppo, non poté mai giudicare, perché – giallo nel giallo – il produttore Vittorio Procopio della Pat Film, una società privata catanzarese, perse l’aggancio con la Rai (e con un politico che avrebbe dovuto fare da intermediario): sicché L’assassino ha le ore contate finì nel gran calderone degli inediti televisivi, fermandosi da qualche parte in Calabria. Dove tuttora giace.