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Katango

1966
Titolo Originale:
Furankenshutain no kaijû: Sanda tai Gaira
REGIA:
Ishirô Honda
CAST:
Russ Tamblyn
Kumi Mizuno
Kenji Sahara

Il nostro giudizio

Un film di mostri di Ishirô Honda che terrificava i bambini di una volta e che ancora oggi lascia dentro un bel segno.

Una nave giapponese viene attaccata da un gigantesco mostro umanoide, che di lì a poco riappare sulla terraferma. Uno scienziato suppone che possa trattarsi di una creatura sviluppatasi dalle cellule di un altro gigante, di nome Gorinka, scomparso anni prima sul monte Fuji. Mentre l’esercito si appresta ad affrontare Katango, infatti, Gorinka riappare sulla scena…

Ci sono film di fronte ai quali si ritorna bambini. Ossia si regredisce nella stupefatta condizione di spettatori dagli occhi vergini. Katango, che scrive, lo vide in un cinema milanese, di sabato, in un anno che poteva essere il 1971 o 1972, proprio con questo titolo e non con l’altro, Kong: uragano sulla metropoli, che gli venne affibbiato in una più tarda riedizione. Qui nasce subito un problema filologico: nella copia disponibile su fantastika tv nella sezione on-demand (si tratta di un rip dal dvd giapponese ripistato con la traccia italiana), il doppiaggio fa riferimento ai due mostri protagonisti come a Kong terrestre e Kong marino. Nella versione che vidi al cinema, si chiamavano, invece: Katango, il cattivo, e Gorinka, il buono. E ricordo distintamente che il dialogo tra Russ Tamblin e Kumi Mizuno, dopo che lei è caduta dalla mano del mostro e giace a terra semi-svenuta sulle scale del metrò, era diversa. Ergo? La riedizione degli anni Ottanta fu anche completamente ridoppiata.

Tornando all’illibatezza della sguardo, non ci vuole molto a ritrovarla e a risprofondare in qualcosa di simile all’estasi, davanti alo spettacolo di Katango che emerge dalle acque impigliato nelle reti dei pescatori, che prende terra nei pressi dell’aeroporto e viene messo poi subitaneamente in fuga da un barbaglio di sole, che procede, notturno, tra i monti color verde cupo, dove i militari gli hanno teso l’agguato e lo attendono in silenzio per elettrificarlo. Honda usava in questo film i campi lunghi e lunghissimi in maniera magistrale, componendo il Tohoscope con una sensibilità squisitamente pittorica, facendo del gigantismo lirico o del lirismo gigantista. Katango, al vederlo nella prima scena che inseguiva nel mare tempestoso i marinai che cercavano di sfuggirgli a nuoto, faceva una paura maledetta: non aveva niente da spartire con gli altri esseri che popolavano il Paese del Sol Levante e dei Mostri. Difatti discendeva dalla costola (per essere più precisi dalla mano sinistra mozzata) della versione giapponese di Frankenstein, Furankenshutain tai chitei kaiju Baragon (Frankenstein alla conquista della Terra), un film che Honda aveva diretto nel 1965, in cui agiva un gigante rigeneratosi attorno al cuore del celebre barone. Il massiccio facciale caratterizzato da una fronte alta, un naso camuso spaccato in due, scimmiesco, una bocca fitta di denti irregolari, aguzzi, estroflessi, un corpo peloso chiazzato di verde (saranno alghe, dato che il suo regno è il mare: Gorinka invece è fulvo e ha un viso che nella sua deformità ricorda però le maschere del teatro kabuki ): mettiamoci pure che si nutre di carne umana e Furankenshutain-Katango ci apparirà, bambini o adulti che siamo, come la quintessenza dell’orco, dell’ancestrale, terrificante, ipnotico babau.

I momenti più intensi, fiabeschi, del film, a parte l’epifania del mostro cattivo emerso dalle acque, sono quelli in cui Katango ferito e semi-abbrustolito dai laser viene salvato in extremis dal buon Gorinka che lo porta con sé sul monte Fuji. Non è chiaro – perlomeno non lo è nella versione italiana – se siano gemelli o se Katango si sia sviluppato dalle prodigiose cellule di Gorinka, che quindi ne sarebbe il padre (o la madre?). La guerra a seguire dei Gargantua (come recita uno dei titoli americani del film), quando il gigante buono scopre che quello malvagio mangia carne umana, nella mente di quel bimbo di sei anni si trasfigurava nel ricordo della lotta fratricida tra Caino e Abele. E niente era più angosciante che non sapere come andasse a finire quello scontro, se Gorinka e Katango fossero morti tra le lave del vulcano che emerge dal lago o se si fossero allontanati per andare chissà dove. Una scena per lo Spirito: Gorinka che risolleva Katango semi-morto, facendo un gesto con il braccio verso i militari, come a dirgli: «Basta, gli avete fatto già troppo male. Andatevene».