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It Comes at Night

2017
Titolo Originale:
It Comes at Night
REGIA:
Trey Edward Shults
CAST:
Joel Edgerton (Paul)
Riley Keough (Kim)
Christopher Abbott (Will)

Il nostro giudizio

It Comes at Night è un film del 2017, diretto da Trey Edward Shults

La paura più recondita e profonda con la quale l’essere umano si è da sempre trovato a fare i conti è generalmente rappresentata dall’ignoto, l’ancestrale timore verso tutto ciò che appare al contempo oscuro e inesplicabile. Non è un caso, dunque, che la maggior parte del cinema di genere – nel solco che dall’horror conduce al thriller e ritorno –, abbia fondato il proprio linguaggio e la propria fortuna su questo specifico meccanismo fascinatorio, contribuendo a generare un intero campionario codificato (e abusato) di spaventi spesso troppo a buon mercato. Esistono, tuttavia, alcuni cineasti che, come Trey Edward Shults, si sono dimostrati in grado di superare la sclerotizzazione di molti di questi stilemi, rielaborandoli al punto tale da partorire opere straordinariamente fresche e capaci ancora di inquietare attraverso la suggestione del non detto e del non mostrato. Da questo punto di vista, It Comes at Night rappresenta certamente uno dei casi più esemplari e riusciti. Quarto lungometraggio prodotto dalla giovane A24 – dopo l’Oscar di Moonlight, lo strepitoso successo di The Witch e l’inatteso flop di The Lovers –, It Comes at Night ci proietta nella desolazione di una casetta sperduta nel mezzo di un bosco, nella quale Paul (Joel Edgerton) tenta di (soprav)vivere assieme alla moglie Sarah (Carmen Ejogo) e al figlio adolescente Travis (Kevin Harrison Jr.) in seguito a un non ben specificato evento cataclismatico, forse connesso a una qualche devastante epidemia.

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L’esistenza procede monotona attraverso una routine minuziosamente programmata e scandita dal sacro ammonimento di “non aprire, per nessun motivo, la porta di casa”, quand’ecco che l’incontro con un uomo di nome Will (Christopher Abbott), anch’egli sopravvissuto assieme alla giovane moglie Kim (Riley Keough) e al figlioletto Andrew (Griffin R. Faulkner), sconvolge il precario equilibrio del gruppo, soprattutto quando il sospetto di un contagio interno contribuisce a innalzare la tensione e a fomentare terribili paure. Forte di una padronanza registica già abbondantemente rodata con l’esordio del thriller drammatico Krisha (2015), Shults decide di mettere in scena l’universo claustrofobico di It Comes at Night senza l’impiego di inutili barocchismi estetici, facendo leva esclusivamente sul potere evocativo della desolazione del reale. Si parte con un prologo impregnato delle atmosfere perturbanti di un classico trapped in the house sul modello di The Others e Hidden, con una lenta e sinuosa macchina da presa che esplora timorosa ogni oscuro anfratto, scala o corridoio debolmente rischiarato dalla sola flebile luce delle lanterne al cherosene, giocando con il potere dell’immaginazione verso una minaccia mai palesata ma perennemente in agguato.

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La seconda parte si tramuta invece in un tesissimo survival movie dalle forti venature thriller e infarcito da taglienti ossessioni post-apocalittiche che ricordano molto Retreat, una versione orrorifica del Carnage polanskiano nella quale la lotta per la sopravvivenza della propria tribù diviene l’unico imperativo possibile.  Ma It Comes at night è anche una pellicola dedicata alla volontà di non svelare mai sino in fondo la reale natura e la storia pregressa dei suoi personaggi – né tantomeno l’origine e la forma della terribile morìa che fa da sfondo –, generando così una malsana sensazione di spaesamento che permette di sintonizzare le corde psico-emotive dello spettatore con quelle dei protagonisti. Infine, ancor prima di ogni altra cosa, It Comes at Night è un dramma interamente dominato dalla morte, ineluttabile spettro con cui la vicenda si apre e chiude nella più desolante semplicità e che trova la propria coagulazione figurativa nel dipinto Il trionfo della Morte di Pieter Brugel, oscuro presagio che campeggia, in qualità di autentico memento mori, fin dalle prime inquadrature, prefigurando un destino di fatto già scritto che si distende come un pesante sudario.