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Il primo match

2018
Titolo Originale:
First Match
REGIA:
Olivia Newman
CAST:
Elvire Emanuelle (Monique)
Yahya Abdul-Mateen II (Darrel)
Jeanette Branch (Nadege)

Il nostro giudizio

Il primo match è un film del 2018, diretto da Olivia Newman.

Il primo lungometraggio della sceneggiatrice e regista Olivia Newman ha debuttato come cortometraggio al New York Film Festival del 2011 e, dal 30 marzo 2018, è disponibile su Netflix. È difficile dire che Monique (Elvire Emanuelle), un’adolescente di Brownsville, quartiere di Brooklyn, sia stata così fortunata nella vita, più volte spedita da una famiglia adottiva a un’altra e indurita precocemente da un’esistenza trascorsa come un’orfana abbandonata; tuttavia, desidera riprendere i contatti con suo padre Darrel (Yahya Abdul-Mateen II), uomo che ha perennemente problemi con la legge e con il quale si è persa di vista da molto tempo. Per avvicinarsi a lui e impressionarlo, decide di unirsi alla squadra di wrestling locale (e illegale) – dopo tutto suo padre è stato anche un wrestler di successo in gioventù. Questo il tema centrale del film: storia di una giovane ragazza nera che ha sia problemi familiari che finanziari e che non ha ancora combattuto per ottenere il suo posto nel mondo – in questo caso, letteralmente, e che deve farsi largo e sgomitare in una società che sembra dominata dagli uomini.

Quest’ultimo aspetto sarebbe anche un po’ più forte in Il primo match, in quanto la scelta della protagonista richiede non solo fiducia in se stessi, ma anche una certa forza fisica: Monique non è soltanto l’unica donna della sua squadra di wrestling, deve anche lottare materialmente contro gli uomini sul ring, e il fatto che l’ambiente reagisca in modo molto scettico alla sua scelta è comprensibile. Eppure la regista e autrice dello script Olivia Newman non sembra affatto interessata a questo argomento. All’inizio inserisce sguardi sospetti e commenti più o meno taglienti sulla ragazza ma poi, con il procedere del racconto, pare aver completamente dimenticato che c’è una donna che combatte contro gli uomini. Questo potrebbe anche essere percepito come un segno di apertura mentale, come una volontà di eliminare la discriminazione tra i sessi, ma è un po’ strano, tuttavia, non prestare attenzione a questo tratto, tanto più che la Newman vuole raccontare come una giovane donna deve imparare ad affermarsi nella vita. Se invece volessimo definire il film come un dramma sportivo, in generale, la sezione sportiva è relativamente deludente. Non ci sono molte scene di combattimento, di solito sono molto brevi, ma soprattutto, mancano elementi che rendano il film qualcosa in più dell’ennesimo dramma sportivo su un’outsider ribelle.

Un risultato migliore viene ottenuto, invece, nel rappresentare le tensioni interpersonali. Vale la pena seguire Elvire Emmanuelle nell’interpretare questa adolescente che attraversa la vita con evidente aggressività, e che sembra sempre avvicinarsi nel momento sbagliato a qualsiasi cosa e a chiunque, ma che allo stesso tempo desidera ardentemente vicinanza e riconoscimento, specialmente nei confronti di suo padre. Ciò si traduce in alcune scene piuttosto commoventi che funzionano con piccoli gesti, con un sorriso. Ma anche lì Il primo match non è privo di cliché, pur risultando abbastanza efficace nel complesso, è nelle fasi migliori un ritratto d’ambiente, un dramma atmosferico. Nessun aspetto, tuttavia, prevale nella narrazione, non assistiamo mai a un reale sviluppo di una sfera: non quello del wrestling, che in quanto sport minore poteva essere meglio approfondito proprio nelle sue sfaccettature psicologiche e sociologiche, né quello del dramma sociale, inteso nelle sue sfumature sessiste, classiste e giovanili. Resta un compitino fatto bene, da guardare senza grandi sussulti, una storia scorrevole dove, forse quasi volutamente, la regista preferisce non approfondire ma offrire un quadro complessivo di una realtà, quella della popolazione di colore in America, il cui pubblico al momento è in grande aumento.