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Il passo dell’assassino

1971
Titolo Originale:
Revenge
REGIA:
Sidney Hayers
CAST:
Joan Collins
James Booth
Ray Barret

Il nostro giudizio

Un omicida pedofilo, quintessenza dei maniaci come ce li immaginavamo da piccoli, laido, viscido, gobbo e miope subisce la vendetta di Joan Collins.

La famiglia di una bambina, stuprata e uccisa da un pedofilo, sequestra l’uomo ritenuto colpevole del reato – che il tribunale ha però mandato libero, per mancanza di prove -, con l’intenzione di farsi giustizia da sé. Ma si insinua il tarlo del dubbio…

Questo film inglese, conosciuto con una mezza dozzina di titoli alternativi, veniva mitragliato in televisione a tutte le ore durante il periodo dell’emittenza selvaggia, e avrà turbato più di un ragazzino dell’epoca, considerati gli ingredienti: un omicida pedofilo che è la quintessenza dei maniaci come ce li immaginavamo da piccoli, laido, viscido, gobbo e miope; un giovanotto che a causa della morte della sorellina – vittima del “mostro” – non ce la fa più con la fidanzata, ma in compenso ritrova vigore con la comprensiva matrigna, una callipigia Joan Collins; l’assunto stesso, che cioé i parenti della bimba uccisa, proprietari di un pub, decidano di sequestrare il (presunto) colpevole dell’orrendo crimine e rinchiuderlo in cantina, per poi torturarselo e ammazzarlo con comodo… La pellicola risale al 1971 ed è quindi pre-Ultima casa a sinistra, oltre ad essere proprio un altro stile, un’altra forma mentis, un altro universo cinematografico. Sullo stupro da cui origina il tutto regna un’angosciante silenzio e la violenza si concentra interamente sulla vendetta e sullo sfascio che essa induce nei rapporti familiari, un sub-plot che finisce per diventare più interessante e originale della stessa storia portante. Il cinema inglese quando vuole vibrare colpi duri e bassi non è secondo a nessuno e complessivamente quei ragazzini avevano i loro buoni motivi di restare scioccati dalla visione.

Sidney Hayers (1921 – 2000) era un vecchio regista scozzese segnalatosi negli anni Sessanta per qualche buon horror (tra cui Burn, Witch, Burn, che Dario Argento sembrerebbe avere citato in Suspiria) e successivamente votatosi alla causa delle serie televisive (The Persuaders!, The Professional, Magnum P.I…): in Revenge, girato con stile semplice ma scorrevole, le ambizioni sono quelle di un film medio, commerciale, sul quale si riverbera comunque la critica verso una middle class giustizialista e in preda al caos dei sentimenti. La sceneggiatura di John Cruse, tenta, nei suoi limiti, di approfondire i caratteri e se l’allora trentottenne Joan Collins in reggipetto e mutandine è ricca pastura per gli onanisti, James Booth – il padre – e Artro Morris – il “ mostro” – reggono bene e con convinzione il peso delle due parti maggiori. Da menzionare anche la fidanzatina dell’impotente Tom Marshall, Sinéad Cusack, figlia del grande Ciryl e oggi sposa di Jeremy Irons. Per anni se ne è cacciata la videocassetta italiana nella convinzione di trovarvi Il passo dell’assassino di Silvio Amadio. Il finalissimo, con catarsi e palingenesi, ha l’aria di un atto dovuto nei confronti dello spettatore ma se ne potrebbe tranquillamente fare a meno.