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Il mio Godard

2017
Titolo Originale:
Le redoutable
REGIA:
Michel Hazanavicius
CAST:
Louis Garrel (Jean-Luc Godard)
Stacy Martin (Anne Wiazemsky)
Bérénice Bejo (Michèle Rosier)

Il nostro giudizio

Il mio Godard di Michel Hazanavicius

Jean-Luc Godard, l’uomo “formidabile” (Le redoutable, titolo originale del film) che non si fa trovare alla fine del documentario Visages, Villages di Agnès Varda, è anche il protagonista del film di Michel Hazanavicius, Il mio Godard. Due ritratti provenienti dall’ultimo Festival di Cannes che similmente aggrediscono e omaggiano l’icona del grande regista. Come Agnès Varda, che impreca contro di lui ma gli lascia i cornetti davanti alla porta di casa, Hazanavicius celebra l’artista della Nouvelle Vague giocando con gli stilemi del suo cinema e contemporaneamente ritrae l’uomo in modo parodistico, nei suoi eccessi e nelle sue contraddizioni. Attraverso la commedia, che si avvale di ironia e comicità, Il mio Godard sceglie una strada originale, in grado di aggirare tutti i rischi della pedante celebrazione in stile biopic. Il tema del film, infatti, non è strettamente biografico, ma affronta la storia d’amore che Godard visse con Anne Wiazemsky, da lei raccontata nel libro Un an après, in cui si narrano gli avvenimenti che precedono e seguono la protesta studentesca del sessantotto, a cui il regista prese parte, e la crisi che portò alla fine del loro matrimonio. Il mio Godard non si propone, dunque, come obiettivo la ricostruzione della vita artistica del regista ma rende la storia un collage di immagini dai colori pastello poste al servizio di un decor vintage.

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Protagonisti del film sono i pensieri e i gesti di Godard non in relazione al loro valore intellettuale ma traslati in forma di atteggiamenti, pose, simboli, come avviene nelle scene in cui Godard inciampa e rompe ripetutamente gli occhiali. Protagonista del film è altresì la pura forma espressiva con cui si ripropongono in chiave ironica aneddoti e citazioni, in una storia che, diversamente da quanto avrebbe fatto Godard, si pone in forte dialogo con il suo pubblico, coinvolgendolo nel gioco cinefilo e citazionistico (come accade quando i due protagonisti, nudi, declamano quello che Godard pensava della nudità al cinema). Il mio Godard è, in questo senso, uno specchio veritiero del nostro tempo poiché conferma la tendenza contemporanea di un cinema che ama pensare e (ri)pensare a se stesso, che di se stesso si nutre: un film che dichiara esplicitamente nel titolo ‒ Il mio Godard – la reinvenzione del personaggio, tramite una visione soggettiva, definito da Hazanavicius “un’icona della cultura pop” e “una creazione”.

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In ragione di questo Il mio Godard non si propone di scandagliare la personalità complessa del famoso regista ma adopera la sua figura come pretesto per la costruzione di un universo visivo fortemente cromatico e per l’esibizione compiaciuta e narcisistica del linguaggio a cui fa riferimento. Certo, è comprensibile che gli ammiratori di Godard considerino tale ritratto una semplificazione non totalmente rispettosa verso lo spessore della sua ricerca, profondamente innovativa sia sul piano ideologico che formale. Nonostante questo però, si può apprezzare la scelta di Hazanavicius di realizzare un film popolare su un argomento che avrebbe tutte le caratteristiche per interessare solo i cinefili e gli esperti di cinema. In qualche modo è questo il più forte e celato omaggio che il film offre a Godard, molto più significativo della parodia dissacratoria: la capacità di suscitare curiosità ed empatia nei confronti di un personaggio incompreso e quasi sconosciuto presso il grande pubblico.