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I riti erotici della papessa Jesial

1974
Titolo Originale:
La papesse
REGIA:
Mario Mercier
CAST:
Jean-Francois Delatour
Geziale
Lisa Livane

Il nostro giudizio

I riti erotici della papessa Jesial è un film del 1974, diretto da Mario Mercier.

Non si può dire di avere visto tutto, se non si è visto La papesse. Un film che la distribuzione italiana gratificò allora del titolo più bello che si potesse concepire I riti erotici della papessa Jesial e quella americana dvd, oggi, del più brutto immaginabile A Woman Possessed. Mercier Mario, il regista, «est l’auteur de plusieurs livres sur la rencontre avec la Nature, l’expérience spirituelle et le chamanisme. Sa rencontre avec Noïark , “l’arbre maître”, un chêne du bois de Vincennes, a été l’inspiration de certains de ses textes», informa con spontaneo surrealismo Wilkipedia. Non si dice, però, se l’adeptato druidico di Mercier sia avvenuto prima o dopo che egli gettasse nell’atanor cinematografico gli ingredienti della sua visione del mondo, mescolandoli fino a ottenere questo caleidoscopico, rivoltante compost. Un artista (Jean-François Delatour) – artista di che? Non si sa, non importa: un artista… – decide che è tempo di penetrare nei misteri del cosmo, dell’Arte, di affinare la propria percezione. Si affida, dunque, a una setta, che nella campagna francese, in luoghi rolliniani, pratica una dottrina occulta, sapienziale, sincretistica tra le pratiche del Divin Marchese (giù frustate sul firone, a sangue, legati a croci di Sant’Andrea) e delle partouze all’aria aperta dove si balla e ci si ingroppa alla grande, acido in corpo e musica nelle vene.

I figuranti di I riti erotici della papessa Jesial – calunnia qualcuno – erano teppaglia e puttane reclutati negli angiporti. Officia le cerimonie una bionda, Erika Maaz (poi brava attrice e fine umorista) che ostenta capezzolini pitturati di azzurro e ha piglio di dominatrix. Ma non è lei la sacerdotessa somma, solo una subordinata. La papessa vera è Geziale – strega nella vita quale appare nel film, ci si assicura, aggiungendo come avesse la sua provincia magica in quel di Nizza: una morettona cessa, viso cavallino, denti davanti spartiti, però del tipo brutta eccitante. Delatour ha moglie, Lisa Livane, una donna nevrotica e terrificata, e quindi opzionata dalla congrega come perfetta medium. Ne subisce, la poveretta, ah se ne subisce. La fustigano, la trattano alla stregua di un maiale, le pisciano addosso, la fan lottare e stuprare da tizi in tenuta gladiatoria – fosse mai che Picchio ha preso da qui l’ispirazione del suo Morituris? – la chiudono in una grotta, in cui un demone-uccello bluastro se la tromba pure lui. E finirà inseguita e sgozzata da un molosso.

C’è del metodo in questa follia? Forse che sì, forse che no… Mercier aveva già concepito (e codiretto con Bepi Fontana) nel 1972 una cosa oscurissima che pochi possono vantarsi di aver visto – e che oggi lui rinnega – dal titolo La goulve: una sorta di prolegomeno alla Papesse, impostata su un orfano di padre suicida e omicida, allevato da un mago, che tramite l’adorazione di una strega-dea, La goulve, che sprizza fuori serpenti dal corpo, riduce in cattività e allo stato animalesco una cuginetta con la quale ha rapporti incestuosi. Certo che… Satanista duro e puro, che non recalcitrava di fronte agli sgozzamenti in diretta di galli neri sul set della Papessa e faceva fustigare i cani, Mercier, un Crowley in sedicesimo, sembra che col tempo abbia mitigato il proprio anelito demoniaco, desacralizzante, delittuoso, demenziale – e non poco coglione – accostando la New Age. I francesi avevano lui e la papessa Geziale, noi avevamo Polselli con i Riti, le magie nere e gli asini trombanti: a chi è andata meglio e a chi peggio?