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Hope Lost

2015
Titolo Originale:
Hope Lost
REGIA:
David Petrucci
CAST:
Danny Trejo (Marius)
Mischa Barton (Alina)
Michael Madsen (Manol)

Il nostro giudizio

Hope Lost è un film del 2015, diretto da David Petrucci

Nel marasma del cinema indi italiano capita di imbattersi in produzioni così bizzarre da suscitare per forza interesse. Soprattutto quando si trovano star del calibro di Michael Madsen (attore-feticcio di Tarantino), Danny Trejo (Machete) e Daniel Baldwin nel cast di una produzione (di Andrea Iervolino) medio-piccola come Hope lost (Italia, 2015). Diretto dal regista romano David Petrucci, che ha alle spalle l’interessante thriller forense Canepazzo, alcuni corti e la web-serie horror Sinners, è un crudelissimo e amaro spaccato sulla piaga della prostituzione e degli snuff, un dramma psico-sociale ricco di sfumature thriller e persino horror. Quando ci sono grossi nomi in produzioni indi è sempre bene andarci cauti con l’entusiasmo, perché non è la prima volta che vecchie glorie americane chiudono la carriera nel cimitero degli elefanti italiano – pensiamo al noir Vento di Sicilia o allo sci-fi 2047 di Alessandro Capone (proprio quello di Streghe) – dove celebri attori ricoprono ruoli minori in pellicole rasenti l’amatoriale. Nulla di tutto questo in Hope lost, che si rivela una produzione serissima e ben diretta, con una storia robusta e attori in ruoli di spessore. Protagonista è Sofia (Francesca Agostini), una ragazza rumena che sogna di sfondare nel mondo dello spettacolo: in discoteca conosce il regista Gabriel, che le promette una parte in un reality-show e la porta subito con sé in Italia. Ma è una trappola: la giovane viene venduta al crudele Manol (Madsen) che gestisce un racket della prostituzione con i suoi scagnozzi Fabian e Marius (Trejo). Sofia si trova così scaraventata nella dura vita di strada e può contare solo sull’aiuto di una prostituta più navigata, Alina (Mischa Barton), e della misteriosa lesbica Eva. La situazione si fa ancora più drammatica quando Ettore (Baldwin) compra Sofia e Alina per girare uno snuff-movie.

Mai titolo fu più azzeccato (“Speranza persa”), visto che la vicenda trasuda squallore e disperazione da ogni inquadratura: Petrucci, che già in Canepazzo aveva creato spunti interessanti pure in un film imperfetto, qui sfoggia una regia matura e coraggiosa – grazie anche a una produzione relativamente più grossa, visti i nomi coinvolti – che si alza sopra la media del piattume generale italiano. Sarà per il cast, per la fotografia cinematografica, per il ritmo serrato o per le scene da torture-porn, ma pur essendo una produzione nostrana Hope lost è girato con un piglio molto americano (nell’accezione positiva del termine), anche se non privo di un gusto italiano anni Settanta (vengono in mente film sulla prostituzione come Ingrid sulla strada di Brunello Rondi). L’attrice Mischa Barton (Il sesto senso, la popolare serie-tv The O.C.) compare come primo nome del cast, probabilmente per motivi pubblicitari, ma è co-protagonista rispetto all’italiana e altrettanto bravissima Francesca Agostini (Short skin, L’Oriana), perfetta col suo volto così pulito e ingenuo che viene sporcato – non solo metaforicamente – dal mondo in cui precipita senza neanche accorgersene. Lo squallido Madsen giganteggia sempre con la sua espressione crudele e da tossicomane (lo vedremo farsi di eroina in vena), idem per il truce Danny Trejo (ex galeotto nella vita reale), ma sono altrettanto efficaci il bel Daniel Baldwin, che si presenta sotto le false vesti di un prete, e il viscido Gabriel (Andrey Chernyshov).

Hope lost ha il pregio di rappresentare un mondo purtroppo reale nel modo più crudo possibile, senza edulcorazioni né enfasi spettacolare, ma in maniera asciutta, violentissima, un vero pugno nello stomaco come se ne vedono raramente. E Petrucci ha il coraggio di osare, dote fondamentale per chi vuole fare del buon cinema, e mescola vari generi (dramma, noir, thriller, horror) creando uno spaccato a tinte nerissime: non siamo propriamente in un film di denuncia sociale, ma ci andiamo abbastanza vicini. La componente femminile è ben nutrita: oltre alle due protagoniste, spicca Alessia Navarro (moglie di Pino Insegno) nei panni di Eva, una dark-lady sensuale e mascolina, con un passato da mercenaria e che intreccia una torbida relazione con Sofia. Buone le scene lesbo e di sesso in genere, trasudanti una sporca morbosità, anche se qui Petrucci avrebbe potuto osare un po’ di più (si vedono solo di sfuggita i seni della Navarro e della Agostini). Di sicuro non lesina invece sulla violenza e sul sangue, fra pestaggi, sevizie fisiche e psicologiche, la protagonista sodomizzata da Fabian (l’ottimo caratterista Diego Pagotto), sulla strada o nel lurido caseggiato che fa da prigione; mette i brividi la scena in cui la Barton sta per subire un aborto con un’aspirapolvere sulle note del Requiem Lacrimosa di Mozart, poi la regia crea un effetto di sospensione fino alla lunga conclusione nella sala degli orrori. Hope lost diventa un vero torture-porn, con i sadici assassini mascherati sul set dello snuff-movie dove le due sventurate sono sottoposte a sevizie con catene, fruste e lamette. Il tutto sfocia, ancora sulle note a contrasto del Requiem, in un massacro dalla connotazione finale pseudo-mistica.