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Green room

2015
Titolo Originale:
Green room
REGIA:
Jeremy Saulnier
CAST:
Imogen Poots (Amber)
Anton Yelchin (Pat)
Joe Cole (Reece)

Il nostro giudizio

Green Room è un film del 2015, diretto da Jeremy Saulnier

Tensione, umorismo, ultra-violenza e punk & roll di Green Room di Jeremy Saulnier furono la vera rivelazione di Cannes 2015. La trama è molto semplice: gli Ain’t Rights, una scalcinata band garage-punk composta da tre ragazzi e una ragazza, sono impegnati nelle ultime tappe di un tour da cui non hanno ricavato neppure i soldi per la benzina. Un ingaggio last minute li porta a esibirsi in un locale di bifolchi neo-nazisti sperduto nelle foreste dell’Oregon. Nonostante il pubblico ostile e ringhioso, i ragazzi riscuotono un discreto successo, ma quando passano all’incasso, assistono causalmente a un delitto. I quattro scomodi testimoni vengono rinchiusi nel camerino del locale (la Green Room del titolo) e il loro destino sembra ormai segnato. Inizia così una disperata lotta per la sopravvivenza che lascerà ben pochi superstiti. Jeremy Saulnier ormai a Cannes è di casa, e pare che ci si trovi benissimo. Dopo aver presentato nel 2013, all’interno della Quinzaine des réalisateurs, l’ottimo revenge-movie Blue Ruin, Saulnier ha fatto il bis anche l’anno scorso, sempre in competizione alla Quinzaine, con questo Green Room. Neppuree stavolta ha vinto, ma il nostro non se n’è lamentato (al contrario di certi nostri connazionali, che quando non vincono un premio è sempre colpa della giuria, dell’arbitro cornuto, della suocera del complotto giudaico-massonico etc..), perché i boati in sala, le risate a scena aperta e gli applausi scroscianti a fine proiezione sono state soddisfazioni senza prezzo.

Rispetto al precedente Blue Ruin (che vi consigliamo di recuperare a tutti i costi), in Green Room manca quel senso di poetica disperazione, qui sostituito da un ritmo forsennato e da notevoli iniezioni di humour nerissimo, ma anche in questo nuovo film Saulnier dimostra di saper giocare alla perfezione con i generi. La struttura di Green Room, infatti, è quella classicissima del “film d’assedio”, che va da Ombre Rosse a Distretto 13: Le Brigate della morte fino ad esempi più recenti come La Notte del Giudizio; ma mentre Ford o Carpenter  negavano qualsiasi identità al nemico per disumanizzarlo, qui accade l’esatto contrario, e il risultato è straordinario. Cosa c’è di più pericoloso di una squadraccia di naziskin armati fino ai denti? Ovvio: una squadraccia di naziskin armati fino ai denti ma completamente imbranati nell’uso di mazze, coltelli, fucili. E così, l’imprevisto, il colpo partito a casaccio, il fendente di machete sferrato alla carlona, aggiungono un quid di imprevedibile che rende ancora più gustoso e appagante il sanguinosissimo gioco al massacro.

Come ciliegina sulla torta, il regista in Green Room evita con cura anche le classiche distinzioni manichee tra buoni e cattivi in questo folle carosello di imbecillità, eroismo casuale e codardia che uniscono assedianti e assediati. Gli eroi, cioè quelli per i quali si tifa, sono conciati malissimo: uno ha una mano staccata e tenuta attaccata al braccio con del nastro isolante, l’altra prende proiettili ovunque, ma ciononostante riescono ad arrivare in fondo alla carneficina che prevede entrino in gioco anche dei ferocissimi cani killer da combattimento. Il cast è straordinario: svettano la cerbiatta bionda Imogen Poots, nel ruolo più significativo, e Macon Blair (già protagonista di Blue Ruin), qui in un ruolo secondario ma di grande efficacia, comprende anche il veterano Patrick Stewart,  nelle vesti del posato ma pericolosissimo proprietario del locale. Insomma, volete un instant-cult? Eccovelo servito.