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Goodnight Mommy

2015
Titolo Originale:
Ich seh, Ich seh
REGIA:
Severin Fiala e Veronika Franz
CAST:
Susanne Wuest (The Mother)
Elias Schwarz (Elias)
Lukas Schwarz (Lukas)

Il nostro giudizio

Goodnight Mommy è un film del 2015, diretto da Severin Fiala e Veronika Franz

Goodnight Mommy ha un titolo originale tedesco, Ich sehe Ich sehe, che significa “Io vedo io vedo”. Un titolo parlante, cioè che contiene in sé l’enigma fondamentale del film e il suo scioglimento. Una storia di doppi, di immagini speculari che danzano sul labilissimo confine che separa la realtà dall’immaginazione, il concreto dall’astratto. Il film di Veronika Franz e Severin Fiala germoglia da una situazione che si profila fin dall’inizio come un rebus: una donna che ha subito un’intervento al viso (un lifting, desumiamo) non viene più riconosciuta dai suoi due figli, Elias e Lukas, due ragazzini identici come gocce d’acqua, i quali cominciano a pensare che la loro vera madre sia stata sostituita dalla donna con la faccia bendata che ora si è insinuata nella loro casa e vi spadroneggia. Il sospetto è legato ai modi bruschi che la donna manifesta nei confronti dei figli: e tutto indirizzerebbe a credere che se un elemento alieno e minaccioso esiste nel guscio della villa dalle geometrie essenziali e ultramoderne che racchiude il velenoso tuorlo di Goodnight Mommy, questa sia la figura femminile e materna interpretata da Susanne Wuest. Ma una sciarada non sarebbe tale se dietro ogni angolo, ogni svolta della narrazione, non stesse in agguato, come un brigante da passo, qualcosa in grado di rovesciare completamente i presupposti.

Ed ecco quindi che Goodnight Mommy sposta d’amblé i punti di riferimento trasformando i due ragazzini in piccoli inconsapevoli, mostri, e la madre, che ora ha ritrovatole le sue fattezze di sempre, in un pietoso olocausto sotto i legacci, le forbicine e le colle (in una scena realmente difficile da sostenere) manovrate dai figli. Le ambiguità, nelle storie che si basano su deflagranti meccanismi a orologeria nello stile di Goodnight Mommy – che, consapevolmente o meno, si riallaccia alla tradizione dei film a doppio-fondo cui ha dato il via Il sesto senso di M. Night Shyamalan – non devono essere mai sciolte più di tanto e anche qui viene onorata questa aurea regola che permette di chiudere un racconto offrendo molteplici possibilità di lettura, anche contraddittorie. Certo è che Goodnight Mommy è un’opera magistralmente aperta, su cui sarebbe possibile discutere all’infinito a proposito di quanto “non torna” (un film che da questo punto di vista gli è assimilabile è Kill List di Ben Wheatley), cominciando dalle inquietanti sequenze che descrivono il girovagare di Elias e Lukas nei luoghi silvestri che circondano la loro villa e in particolare il ritrovamento del gatto moribondo in una caverna stipata (e non sapremo mai perché) di ossa umane.

Molti elementi devono quindi essere accettati soltanto per il loro valore apparente: uno su tutti, le schifosissime blatte che i due ragazzini catturano, allevano e nutrono in un rivoltante terrarium nascosto nella loro camera, che non manca di suggerire – forse – l’introdursi di un caos brulicante, ctonio e primordiale nella compagine geometrica e apparentemente perfetta di quella loro bellissima casa che si erge, solitaria, tra i boschi. Le polarità su cui Veronika Franz e Severin Fiala costruiscono il film sono, del resto, numerose: il silenzio e il rumore, la luce e la tenebra, l’aperto e il chiuso. Si gioca di continuo con la loro dialettica. C’è del metodo. E proprio la freddezza, il calcolo asettico con cui la struttura portante del film, il suo esoscheletro, vengono costruiti, determina alla fin fine l’opposizione più riuscita rispetto al contenuto così forte e persino sconvolgente che contrappunta tutta la parte finale, una vera e propria apocalisse in sedicesimo che si consuma come una fiammeggiante operazione alchemica in un atanor dalla tremenda e perfetta fattura. Goodnight Mommy è anche un film che trae forza e significato dall’incredibile resa degli interpreti, i due gemelli Lukas ed Elias Schawrtz e la già citata attrice viennese Susanne Wuest che ha l’abilità di riuscire ugualmente tagliente ed enigmatica sia con le fattezze celate dalle bende chirurgiche sia con il volto scoperto che mostra da metà film in poi.