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First Reformed

2017
Titolo Originale:
First Reformed
REGIA:
Paul Schrader
CAST:
Ethan Hawke (Toller)
Amanda Seyfried (Mary)
Michael Gaston (Edward Balq)

Il nostro giudizio

First Reformed è un film del 2017, diretto da Paul Schrader

Una chiesa luterana sta per celebrare il suo 250esimo anniversario, ma Padre Toller (Ethan Hawke) potrebbe non essere pronto: il nostro, infatti, cura ogni giorno un diario in cui esprime le proprie riflessioni e i propri pensieri intimi, e il ritratto che ne esce è quello di un uomo in crisi non solo spirituale, ma esistenziale. Toller è ancora tormentato dal ricordo di un figlio morto in guerra, potrebbe scoprire di avere un cancro da un momento all’altro, e in aggiunta, a entrare nella sua vita è una giovane coppia: lei (Amanda Seyfried) è incinta; lui (Philip Ettinger), ex carcerato e attivista radicale, non vuole tenere il bambino in quanto il mondo in cui viviamo, semplicemente, è un inferno. Passano gli anni, ma non l’ossessione nichilistica di Paul Schrader: ancora sull’orlo della disperazione, tormentatissimo e abbandonato a sé stesso, in ginocchio davanti a un dio indifferente allo sprofondare dell’umanità.

dentro 1

In scena, Travis Bickle 41 anni dopo: non è più un tassista, bensì un prete che pare uscito da una pellicola di Ingmar Bergman. Riflessivo, ma fragile e sulla via della decomposizione: lo troviamo già dubbioso all’inizio; dopo andrà totalmente in crisi, mentre il mondo aspetta di collassare. L’autore inquadra con una controllatissima compostezza andando a combustione lenta; a prevalere è il rigore stilistico assorbito da Bresson e Dreyer, in cerca di quella trascendenza che qui appare più incisiva che mai. Talvolta osa degli assoluti azzardi estetici sull’orlo del trash (la scena in cui Ethan Hawke e Amanda Seyfried si ritrovano a fluttuare in un gioco tanto romantico quanto lisergico chiamato Magical Mystery Tour); altre ancora, ci lascia lì in bilico tra fascinazione e dubbi, evocativi silenzi e piccole iniezioni di ansiogena morte.

dentro 2

All’autore di Affliction e The Canyons va il merito di aver affrontato delle tematiche ancora più attuali e contemporanee nel suo personale percorso artistico, ma la base rimane quella di sempre: l’alienazione del singolo in una società alla deriva, il suo urlo soffocato dalla paranoia. Ethan Hawke, che alterna con efficienza sobrietà e brividi di spasmo, cade in una spirale di follia (o estrema lucidità?) che parte dalla religione per poi arrivare all’ambientalismo e forse all’apocalisse: non sappiamo se l’amore ci salverà, ma mentre il nostro protagonista si trova lì davanti allo specchio alla viglia dell’epilogo, da un momento all’altro ci aspettiamo di sentire proprio la celeberrima battuta: «Stai parlando con me?».