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Faces in the Crowd

2011
Titolo Originale:
Faces in the Crowd
REGIA:
Julien Magnat
CAST:
Milla Jovovich
Sarah Wayne Callies e Julian McMahon

Il nostro giudizio

Un giovane virgulto della nouvelle vague horror francese dirige Milla Jovovich in un thriller angosciante e violento, che purtroppo non convince fino in fondo. 

Faces in the Crowd è come un sassolino nella scarpa. Dapprima non lo senti o fingi di non farci caso, poi a furia di camminare l’intrusiva presenza comincia a dar segni di sé, e nel giro di una mezzora devi fermarti e rimuovere l’ostacolo, sempre che esso non abbia già procurato danni. E di danni il film di Julien Magnat ne procura eccome, a partire da quel senso di rabbia malsana che già dopo il prologo ti scuote i precordi e ti fa prudere le mani. Ecco, c’è Milla Jovovich che, quando si raccoglie i capelli dietro la nuca, ti stimola quel non so che di ormonale come soltanto una donna dell’Est sa fare. Poi c’è il suo fidanzato, un tizio qualunque che non è capace di annodarsi la cravatta e che finisce annegato nella tazza del cesso. E quindi i due pretendenti al trono dell’assassino: il detective barbuto (Julian McMahon) e lo psicologo (David Atrakchi) che da anni diventa scemo per far parlare un ragazzino testimone oculare dei delitti (l’unico sopravissuto oltre alla Jovovich). Va da sé che, un po’ come nel film In the Cut (2003), di cui Faces in the Crowd sembra un gemellino puritano, cioè senza neanche una scena di sesso spinto, la scommessa su chi abbia tagliato la gola a tutte quelle discinte ragazze si gioca con una possibilità di vincita del cinquanta percento, o il poliziotto o lo strizzacervelli.

Ma davvero Faces in the Crowd è così brutto? Sì. E chi è questo Julien Magnat? È un francese che, come certi suoi poco illustri connazionali (Alexandre Aja, in primis) ha rinunciato a Cristo per Mammona, e dopo aver assistito alla moltiplicazione dei pani e dei pesci nel proprio portafoglio, s’è adeguato ai dettami estetici e produttivi dello zio Sam. Così niente più deliri barocchi alla Bloody Mallory (2002), ma giusto un filmetto stiracchiato che, nella migliore delle ipotesi, finirà confinato alla maratona-contenitore di Nel segno del giallo, tra un Nella morsa del ragno (1999) e Tentazione pericolosa (1999). Ottima scelta per un pubblico di larghe, larghissime vedute, ma ahinoi non abbastanza per deliziare gli intenditori.