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Extinction

2018
Titolo Originale:
Extinction
REGIA:
Ben Young
CAST:
Michael Peña (Peter)
Lizzy Caplan (Alice)
Lilly Aspell (Megan)

Il nostro giudizio

Extinction è un film del 2018, diretto da Ben Young.

Negli anni ’50 erano i comunisti. Negli anni ’60 e ’70 gli sporchi musi gialli vietnamiti. Negli anni ’80 gli omosessuali e la loro chiacchierata HIV. Negli anni Duemila c’è solo l’imbarazzo della scelta: dai brutti ceffi messicani ai bombaroli estremisti islamici, senza ovviamente dimenticare noi medesimi. Lo spauracchio dell’invasore from outer space è stato impiegato innumerevoli volte dalla fantascienza a stelle e strisce per sublimare e tematizzare, in termini tanto filosofici quanto politici, la xenofobia latente di un popolo così accogliente sulla carta ma spietatamente paranoico nei fatti, un popolo il cui cinema non ha mai mancato di perpetrare il glorioso mito di un colonialismo culturale yankee combattuto a suon di Rock and roll, hamburger e tanta tanta democrazia preconfezionata. Ok, detto ciò, mettiamo pure da parte i nostri pippottozzi cine-critici della domenica, dato che – anche se lo vorrebbe davvero tanto – di filosofico ed esistenzialista Extinction non ha nemmeno la suola delle scarpe. Partorito dalla sapiente penna dell’Eric Heisserer candidato all’Oscar per lo script di Arrival e posto in essere dalla macchina da presa del Ben Young artefice del fu sorprendente Hounds of Love, questo pretenziosissimo thriller sci-fi a metà strada fra Skyline, La guerra dei mondi e Premonition lascia parecchio basiti nel prendere atto di come, nonostante un cast tecnico e artistico di ottimo livello, gira e rigira la solfa si dimostra ormai sempre la stessa, alla faccia di chi parla di presunta originalità all’interno di un B-movie 3.0 che osa molto e ottiene troppo poco.

Riesumato dal buio cassetto della famigerata Black List 2013 e rivoltato come un calzino dalla centrifuga drammaturgica di Spencer Cohen e Brad Kane, Extinction vede il buono e caro Peter (Michael Peña in versione tecno McGyver, subentrato nientemeno che a James McAvoy) attanagliato da orribili incubi notturni – una versione parecchio dark delle memorabili premonizioni di Incontri ravvicinati del terzo tipo – riguardanti una massiccia e devastante invasione aliena. Ma vuoi vedere che, alla fine, le capacità precognitive del nostro amico si concretizzano e che quei mascalzoncelli di extraterrestri decidono davvero di venirci a menare il can per l’aia? In un tripudio di esplosioni e devastazioni che a confronto l’Indipendence Day di Emmerich è la raccolta fondi della Caritas, l’impavido Peter dovrà cercare di mettere in salvo mogliettina (Lizzy Caplan) e figliolette (Lilly Aspell e Amelia Crouch), tentando di sfuggire al restyling planetario progettato e messo in atto da malefici E.T a metà strada fra John Rambo e un gruppo di Neavy SEAL armati di tutto punto. Bene, fermiamoci un secondo tutti quanti e proviamo a ragionare su questo: per quale motivo un colosso come Netflix sembra essersi ormai votato al sadomasochismo spinto con un genere che, obiettivamente, non è pane per i propri denti? Guardando Extinction dal principio alla fine, infatti, l’unico autentico sentimento che ci pervade, in quanto spettatori (si spera) paganti e vogliosi, è lo sconforto più totale. Sconforto nel vedere un ottimo attore come Michael Peña tirato in mezzo, senza alcun ritegno, a eventi talmente improbabili e ritriti che a confronto la saga di Hunger Games è l’Ulisse di Joyce.

Sconforto nel constatare, per l’ennesima volta, come gran parte dei dollarozzi spesi e spansi da Hastings&Randolph per accaparrarsi prodotti di ogni specie – rigorosamente selezionati dal proverbiale sacro Algoritmo – rendano totalmente ciechi dinnanzi a un comparto effettistico intento a sfornare imbarazzanti grafiche digitali da Commodre 64. Sconforto nel vedere un’ottima promessa come Young – erede della sedia di regia che fu in un primo tempo di Joe Johston – tradire così precocemente e miseramente le ottime potenzialità da lui stesso seminate. Ma, soprattutto, sconforto nel rendersi conto che, nonostante onesti (seppur parecchio abusati) spunti di partenza, il tutto finisce per svaccare in un twist narrativo alla Shyamalan dei poveri che vorrebbe ostinatamente apparire sensazionale ma che, in verità, fa solo ridere i polli, le galline e l’intero serraglio. Per non farsi mancare proprio nulla si finisce per citare addirittura il povero Stephen Hawing e persino quell’imprescindibile classicone di narrativa sci-fi che è Sentinella di Fredric Brown. Purtroppo tali sforzi appaiono vani, in quanto Exinction non è nulla di più che un fiacco prodotto d’intrattenimento pompato a mille da steroidi critico-promozionali che di certo non si mostrano sufficienti nel rinvigorire un membro narrativo piccolino e precocemente ammosciato. Da molte (troppe) parti si è gridato a un mezzo capolavoro. Noi, più mestamente e senza alzare inutilmente la voce, pensiamo più a una mezza fregnaccia.