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Dream Home

2010
Titolo Originale:
Wai dor lei ah yut ho
REGIA:
Ho-Cheung Pang
CAST:
Josie Ho (Cheng Lai Sheung)
Chui Siu Keung Norman (padre di Sheung)
Eason Chan (Siu To)

Il nostro giudizio

Dream Home è un film del 2010, diretto da Ho-Cheung Pang.

Una vita di sacrificio per potersi permettere qualcosa a cui sono legate promesse subordinate ad un senso dell’onore e del dovere tipicamente orientali. Questa incredibile pressione causa un crollo psicologico nella bella Chen Lai, talmente profondo e radicato da sfociare in una furia incontrollabile e cieca. A causa della speculazione edilizia del mercato immobiliare di Hong Kong, il sogno della ragazza di potersi permettere un appartamento che si affacci sul mare (come ultimo desiderio del padre morente), viene seriamente ostacolato da molteplici avversità tanto da sembrare tramontato per sempre. Dream Home è un dramma che sprofonda nell’horror puro non lesinando in efferatezze e colpi bassi e che ha come epicentro la stabilità che possono dare le cose che diamo per scontate, ma che se vengono a mancare determinano una vita. Una sorta di La casa di sabbia e nebbia declinato allo splatter, con un cuore di dolore pulsante che non lascia indifferenti, ma se nel bellissimo romanzo di Vadim Perelman da cui quest’ultimo è tratto la protagonista è il fulcro catalizzatore di avvenimenti tragici che la vedono motore inconsapevole, in Dream Home invece il personaggio interpretato dalla bravissima Josie Ho (anche produttrice), è la fiamma che alimenta il fuoco della vicenda.

La regia di Pang la pone al centro di ogni situazione, ne segue i movimenti, anticipa le intenzioni e si adatta come una seconda pelle a ogni sussulto, facendoci empatizzare con lei in modo assoluto. Inutile negare che Dream Home si basi interamente sulla sua interpretazione. I personaggi di contorno sono al più macchiette scarsamente caratterizzate che vengono utilizzate egregiamente per acuire quel senso di straniamento ed impotenza che opprime la protagonista. Una bambola di porcellana solo all’apparenza fragile, che ci verrà fatta realmente conoscere solo con il passare dei minuti e con il dipanarsi della storia. La sceneggiatura gioca con lo spettatore facendolo seguire contemporaneamente due piani temporali distinti, che si incontreranno sino a fondersi solo nella parte finale. Nel mentre assisteremo alla lucida determinazione di una donna schiacciata da un senso di responsabilità abnorme, che non può essere sublimato in alcun modo ma solo incanalato verso una strada che comprende unicamente sangue, dolore e morte.

Anche se il regista avrebbe voluto un tono tragico e serioso, l’insistenza di Josie Ho (che si racconta al limite dell’ ingerenza vera e propria), ha connotato di una potente vena grottesca tutto il film e questo aspetto non ne ha minimamente inficiato la drammaticità. Anzi, in Dream Home proprio lo stridore tra scene cariche di pathos e digressioni tipicamente giapponesi (fortunatamente non a livello weird), permette anche allo spettatore meno attento di riflettere sul vero significato di quello che quotidianamente diamo per assodato. La casa, la dimora, l’abitazione vista come punto fermo nella vita di ognuno di noi, quando viene a mancare può dare origine a un profondo smarrimento. Una scritta iniziale ci informa che la pellicola sarebbe basata su fatti reali. Forse si tratta della solita tagline pubblicitaria, fatto sta che dopo la visione ci sembra tutto tremendamente plausibile.