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Delirious

1973
Titolo Originale:
Tales That Witness Madness
REGIA:
Freddie Francis
CAST:
Jack Hawkins (Dr. Nicholas)
Donald Pleasence (Dr. R.C. Tremayne)
Georgia Brown (Fay Patterson)

Il nostro giudizio

Delirious è un film del 1973, diretto da Freddie Francis.

Una premessa filologica va fatta, a proposito della versione italiana dell’ultima antologia che porta la firma di Freddie Francis, Delirious: l’ordine degli episodi è stato infatti alterato rispetto all’originale, dislocando Luau, che era l’ultimo – giustamente: essendo non solo il migliore ma anche quello concettualmente più forte – al secondo posto, dopo Mr. Tiger; l’onore della coda spetta perciò, nel montaggio italiano, a Mel, vicenda che tratta di una morbosa passione floreale di cui tutti i commentatori notano l’incongruità, dal momento che il protagonista Michael Jayston preferisce coricarsi con un tronco d’albero dalla forma umana piuttosto che gustarsi le grazie allora ancora floride della consorte Joan Collins.  Tales That Witness Madness trae origine, oltre che l’ispirazione per il titolo, dal successo di Tales from the Crypt (I racconti del Terrore). Freddie Francis ne cavalcava l’onda e trovandosi ad avere per le mani il soggetto di una nuova antologia scritto da Jennifer Jayne – l’attrice che aveva interpretato la vampira francese nell’ultimo episodio di Le cinque chiavi del terrore – e dal di lei marito Art Fairbank, lo presentò al produttore John Heyman della World Film Services (per la quale aveva diretto Il terrore viene dalla pioggia). Con la benedizione della Paramount, il film venne subito messo in cantiere. E cominciarono i problemi.

Nel cast di Delirious, i nomi di punta erano all’inizio quelli di Rita Hayworth e di Jane Asher, la quale defezionò prima dell’inizio della lavorazione, mentre la Hayworth – che doveva interpretare la madre nel segmento Luau – si ammalò sul set, quindi se ne allontanò per mai più ritornarvi e dovette essere rimpiazzata in extremis da Kim Novak. A film ultimato, il test screening per i produttori generò un malcontento. Motivo: il tenore “troppo poco horror” dell’insieme; per cui Francis fu costretto a tornare dietro la macchina da presa e a girare qualche sequenza aggiuntiva più forte: la conclusione di Mr. Tiger, dove la belva invisibile, compagna di giochi di Donald Houston, strazia i genitori mentre il piccolo suona, tranquillo, la pianola meccanica, e l’uccisione rituale, con successivo squartamento del cadavere (in onore di un idolo hawayano che sembra un pene) della vergine Mary Tamm in Luau. Diciamo che, tirandone le fila e distinguendo episodio da episodio, Delirious è un film superiore alla pessima fama di cui gode.

D’accordo che la cornice con Donald Pleasence che spiega l’origine organica della follia e, non si capisce bene come, ha trovato il modo di visualizzare le fantasie dei suoi pazienti, sia uno smaccato quanto pallido riporto da La morte dietro il cancello – senza la pregnanza polemico-filosofica del modello di Roy Ward Baker – compreso l’imprevisto finale della tigre che aggredisce Jack Hawkins; però la sceneggiatrice non dà l’impressione di essere una venuta giù con la piena: tradisce buone letture classiche se – come probabile – nella raccapricciante imbandigione delle carni della figlia di Kim Novak c’è il ricordo del Tieste, e col segmento con Suzy Kendall e Peter McEnery, Penny Farthing, riesce a creare un forte disagio, innestando la presenza surreale di quello zio Albert di pietra che spia e perseguita il protagonista nel passato vittoriano in cui il velocipede lo ha fatto precipitare. E nemmeno il gorissimo Mr. Tiger – che ha tutta l’aria di essere stato ispirato da The Veldt (La savana) di Ray Bradbury – è meritevole dell’accusa di “feebleness”, come sostengono i recensori inglesi. Considerato – con ovvia iperbole – da Francis uno dei suoi film migliori, e recepito, in genere, come elemento di continuità nell’aurea catena degli omnibus dell’Amicus, Delirious – in ultima analisi – non fa affatto la figura del figlio povero e bastardo.