Featured Image

Dark Souls

2010
Titolo Originale:
Dark Souls
REGIA:
César Ducasse, Mathieu Péteul
CAST:
Morten Rudå
Jan Hårstad

Il nostro giudizio

Presentato al TOHorror Film Fest, un film girato in 16 millimetri che omaggia The Driller Killer di Ferrara ma si perde in troppe digressioni, non sempre definite.

Oslo. La giovane Johanna Ravn viene aggredita da un maniaco in tuta da operaio e armato di trapano. La polizia avvisa il padre, Morten, del decesso della figlia, avvenuto in ospedale, ma la ragazza è appena rientrata a casa, come in un giorno qualunque. Johanna però non è più quella di prima: ridotta in stato vegetativo, il suo aspetto è sempre meno umano e vomita un liquido nero…

Lascia perplessi Dark Souls, opera proveniente dalla Norvegia, firmata da César Ducasse e Mathieu Peteul e presentata in concorso all’undicesima edizione del ToHorror Film Fest. Girato in 16mm il film parte bene, con un’ idea di fondo particolare e curiosa: viene spontaneo domandarsi come andrà a finire, cosa ci sia dietro queste aggressioni che portano alla zombificazione delle vittime, contagiate da una malattia legata a una sostanza simile al petrolio ma sconosciuta. Protagonista del film è un pacioso uomo di mezza età, Morten Ravn (il bravo Morten Rudå), dunque un anti-eroe, un padre disposto a tutto per proteggere la figlia, ma il côté di facile sentimentalismo viene stemperato da una buona dose di humor nero che sottende l’intero film (in fondo, si parla di un uomo che accudisce uno zombi). Dark Souls è fortemente citazionista, rimanda non solo all’ovvio The Driller Killer di Abel Ferrara, ma soprattutto ad un certo cinema horror/sci-fi degli anni ’50, il cinema degli ultracorpi, del <<sembra mia madre ma non è mia madre>>, delle “cose da un altro mondo”.

Questi i punti di forza della pellicola nordeuropea. La quale presenta però, non poche debolezze: dopo un buon inizio, la narrazione pare perdersi, avvolgersi su se stessa, forzare le situazioni in vista di un determinato fine; la sceneggiatura presenta gap narrativi non indifferenti, non spiega in maniera chiara. Molti i momenti buoni, bella la parte finale e alcune scene d’effetto; ma tutto sembra lasciato in superficie, non adeguatamente sviluppato. Il discorso di natura ambientalista, che pare evidente a un certo punto della narrazione, si perde anch’esso e diventa poco più che un pretesto. Un film dunque che avrebbe avuto un buon potenziale, se l’ingranaggio fosse stato studiato in maniera più accurata: molta carne è stata messa al fuoco, senza riuscire a cuocerla tutta.