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Dark Night

2016
Titolo Originale:
Dark Night
REGIA:
Tim Sutton
CAST:
Anna Rose Hopkins
Robert Jumper
Karina Macias

Il nostro giudizio

Dark Night è un film del 2016, diretto da Tim Sutton

Cronaca di una strage annunciata. Parafrasando liberamente il titolo del romanzo di Garcia Márquez, questa potrebbe essere la miglior formula con la quale condensare il cuore pulsante di Dark Night, terza suggestiva incursione nel lungometraggio del promettente Tim Sutton che, ancora una volta, grazie all’ampio e fresco respiro di una produzione quasi interamente indipendente e marchiata da una spiccata autorialità, riesce nell’arduo compito di narrare la terribilità e la banalità del male quotidiano, mettendo in scena sei esistenze alienate destinate a convergere nella buia sala di un multiplex di provincia dove (forse) verrà consumato un violento e tragico massacro il cui esito è lasciato volutamente fuori campo oltre lo stacco a nero finale. Fin dall’esordio con Pavilion (2012) e ancor più con il successivo Memphis (2013), Sutton non ha mai nascosto né rinnegato il profondo debito tematico e stilistico nei confronti del cinema ipnotico e contemplativo di Gus Van Sant – e in minor parte anche di Jim Jarmusch.

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A maggior ragione, stavolta, Sutton guarda con ancor più convinzione alla mitologia del cineasta di Louisville per realizzare la propria personalissima versione di Elephant, attingendo a piene mani dalla cronaca del tristemente famoso massacro di Aurora, consumato nel 2012 dal dottorando James Holmes ai danni di un nutrito gruppo di spettatori riuniti nella Sala 9 di un multiplex del Colorado, per assistere alla proiezione di Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno. Ed è proprio la complessa e poliedrica figura di Holmes che finisce per essere scomposta e inoculata in ciascuno dei sei personaggi che costituiscono il collage del racconto, sia attraverso specifici attributi fisico-comportamentali (i capelli tinti di arancione dei due skaters, la sinistra timidezza del fascinoso Jumper, la psicosi apatica dell’impenetrabile Aaron), sia mediante una serie d’inquietanti e apparentemente insignificanti particolari disseminati nella quotidianità (maschere, armi da fuoco, videogames sparatutto) che infondono un crescente senso di sinistro malessere, man a mano che la narrazione procede, contribuendo a preannunciare qualcosa di orribile ma già ben intuibile fin dalle primissime immagini del prologo.

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L’assonanza di titoli e significati fra il The Dark Knight di Nolan e la Dark Night che i protagonisti stanno per vedere sullo schermo – e purtroppo anche per vivere in prima persona – risulta ben più di una semplice coincidenza, così come la scelta da parte di Sutton di ricorrere a un’estetica minimale e freddamente documentaria incentrata su inquadrature fisse e su una quasi totale assenza di dialoghi (sapientemente compensati dalla suggestiva colonna sonora vocale di Maica Armata) con cui focalizzarsi sulle banali vicissitudini dei personaggi si mostra ben più di un omaggio alle atmosfere di Last Days o Paranoid Park. Certamente non privo di difetti – primo fra tutti la difficoltà nell’amalgamare dinamicamente, a causa di un montaggio eccessivamente dilatato, le microstorie individuali – Dark Night risulta come un’opera sofferta e raggelante che, pur non potendo essere catalogata come horror in senso puro, ci conduce per mano verso un altro tipo di orrore, quello implacabile del mondo che ci circonda e che, soprattutto in tempi recenti, ci porta a guardare sovente al nostro vicino di poltrona o di banco con un misto d’inquietudine e (in)sana diffidenza.