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Conflitto finale

1981
Titolo Originale:
The Final Conflict
REGIA:
Graham Baker
CAST:
Sam Neill (Damien Thorn)
Rossano Brazzi (DeCarlo)
Don Gordon (Harvey Dean)

Il nostro giudizio

Conflitto finale è un film del 1981, diretto da Graham Baker.

Pare che avessero inizialmente offerto a Richard Donner di girare il terzo capitolo del Presagio, Conflitto finale, e che lui non abbia potuto accettare in quanto invischiato in una questione legale con i produttori di Superman 2. Somma sfortuna, perché il progetto finì invece nelle mani di Graham Baker, che diresse il film che diresse. Un triste epilogo della saga di Damien Thorn, di gran lunga inferiore anche al già mediocre La maledizione di Damien. La diagnosi? Sembra un tv-movie un po’ tisico, dove tutto è sbagliato, fasullo: piatta la regia, gli attori lasciati a sé (bravissimi attori, peraltro, a cominciare da Sam Neill e Lisa Harrow – che stavano insieme e lo stesso anno fecero un film sulla vita di Wojtila, From a Far Country: le bizzarrie del caso…), gli spunti interessanti offerti dalla sceneggiatura, di Andrew Birkin, malamente sprecati.

La solitudine di Damien, per esempio, che era una costante fin dal primo capitolo, ora che l’Anticristo aveva raggiunto l’età matura poteva dare adito a qualcosa di psicologicamente intenso, così come il conflitto tra la parte ferina e diabolica del protagonista e la sua quota di umanità. Invece, pregevole quanto si voglia l’interpretazione di Neill, il rapporto di Damien con Kate e il figlio è epidermica, non approfondisce né sfuma il carattere della “Bestia”, che è esattamente ciò che appare, un lupo travestito da pecora ma con le zanne bene in vista (che l’Anticristo, se mai si manifestasse, si guarderebbe bene dallo snudare). Così, in un amplesso con la Harrow, non si trova di meglio che fargli sentenziare: «Non c’è piacere senza dolore», mentre la rivolta e la sodomizza. L’unico passaggio suggestivo, nella definizione del Thorn adulto, sta nel soliloquio-colloquio con la statua del Cristo crocifisso col corpo all’indietro, che dice, anche simbolicamente, di un Satana al quale Dio ha voltato le spalle, e alla fin fine più vittima che persecutore.

La pietra d’inciampo resta comunque il lato gotico-mistico della faccenda, che non possiede alcun pathos: Damien Thorn arriva in elicottero, come Berlusconi, ad arringare i suoi fedeli su un isoletta al largo delle coste inglesi e li dispone a compiere una novella strage degli innocenti come se stesse esponendo una nuova strategia di marketing; e sull’azione successiva degli epigoni di Erode è meglio stendere un velo pietoso. Come su Rossano Brazzi e i suoi frati killer, poveretti, che sembrano la banda Bassotti. Assolutamente incredibile la fine, in cui si intuisce vagamente che accada qualcosa: mai riuscito a capire cosa.