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Catacomba

2016
Titolo Originale:
Catacomba
REGIA:
Lorenzo Lepori, Roberto Albanesi
CAST:
Simona Vannelli
Josy Amodeo
Franco Bartoletti

Il nostro giudizio

Catacomba è un film del 2016, diretto da Lorenzo Lepori e Roberto Albanesi

Lorenzo Lepori mi sembra uno che ha un gusto divertente per l’eccesso. Anzi, di più, per il parossismo. Il parossismo è un gradino, anzi diversi gradini più in su, del semplice eccesso. Dell’eccesso sono, più o meno, capaci tutti. Al parossismo ci arrivano in pochi. Per essere parossistici bisogna anche essere molto autoironici, ovvero bisogna sapersi prendere per il culo. Mentre gli estremisti sono sempre tutti molto sussiegosi, si pigliano terribilmente sul serio e risultano terribilmente noiosi. Dopo questa mappatura iniziale, passiamo a parlare del nuovo film di Lorenzo Lepori, Catacomba, un omnibus sado-orrorifico contraddistinto da 4 storie legate con una cornice. Lepori produce (con la sua Baionetta Movie Production) e cura la regia insieme a Roberto Albanesi (Non nuotate in quel fiume) che si è occupato della storia di contorno, mentre la sceneggiatura è di Antonio Tentori insieme ai due registi. Catacomba fa rima con Oltretomba, non nel senso di aldilà o mondo dei più, ma nel senso della serie a fumetti nata in Italia nel 1971 grazie a Stanley Baldock e Dino Leonetti e pubblicata dalla Ediperiodici. Ci siamo caduti tutti, presto o tardi, su Oltretomba, sulle sue agghiaccianti storie caratterizzate da imprevedibili fulmini in coda. Ci siamo spaventati, ci siamo eccitati, abbiamo provato i sensi di colpa del caso reggendo quegli albi che mescolavano l’orrore a sempre più massicce iniezioni di erotismo: bocche, culi, tette, lame, bave, vagine, interiora, orgasmi, morte. Da questo milieu sono venuti fuori nomi importanti, sceneggiatori, cartellonisti come quell’Enzo Sciotti che non abbisogna di presentazioni. E forse non sarebbe esistito Profondo Rosso di Dario Argento, se la storia che ne costituì il più remoto seme non fosse stata pubblicata su un numero di Oltretomba del 1974.

La filosofia dell’esagerazione di quei fumetti ha trovato un adeguato ricettacolo nella concezione pratica e teorica dell’horror di Lepori, di cui a inizio di articolo. D’altronde, si dice che in chiesa ci i va con i santi e in taverna coi ghiottoni. Appunto. A questo tipo di horror bisogna andarci con Lepori.  Il primo racconto ha al centro Tentori che fa sostanzialmente se stesso e andando in campagna a cercare ispirazione per scrivere qualcosa, si imbatte in un albero maledetto prima e in due stregacce poi, che gliene faranno di tutti i colori. Salvo alla fine pagare un sovrannaturale fio. Nel secondo, uno sfaccendato va incontro a un’eccentrica forma di cornificazione da parte della piacente moglie. Gli amici del bar meditano di vendicarlo, ma come il celebre piffero della favola, vano per suonare e restano suonati dall’amante, assai poco ordinario, della donna. Il terzo episodio ha ascendenze cinematograficamente colte, poiché è un esplicito reboot dell’ultimo segmento di Il giardino delle torture, quello in cui Jack Palance scopriva che Peter Cushing aveva resuscitato Edgar Allan Poe con la negromanzia e lo teneva in cantina a scrivere nuovi romanzi. In Catacomba, al posto di Poe c’è Paganini e Pascal Persiano e Moreno Fabbri sono quel che furono, rispettivamente, Palance e Cushing. L’ultima storia, a giudizio di chi scrive è anche il compimento ideale del film, il raggiungimento del parossismo leporiano (coniamo anche questo aggettivo) nella sua forma più pura. Una scopata che non finisce mai con un’apostola di Satana, una morta che rivive, scudisciate estetiche notevolissime tra rosso di vestiti e secchiate di sangue e budella che fuoriescono dal tronco di un tizio tagliato in due. Insomma, l’apoteosi.

La cornice di Roberto Albanesi scherza su uno sfigato (Simone Chiesa) che finisce in un negozio di parrucchiere dove gli verranno fatti pelo, contropelo e qualcosa di più. Ok, secondo me non si butta via il tempo a vederlo, Catacomba. Sarà che Lepori non è un fanatico che crede di essere un genio incompreso del cinema e quindi rispetto alla materia riesce ad avere quella giusta distanza che gli permette di mantenere la lucidità e di capire ciò che sta facendo e di decidere esattamente come farlo. Il film, poi, ha delle sincronicità stravaganti, dal momento che uno dei disegnatori storici del fumetto, di Oltretomba, ha lo stesso nome e cognome di Lorenzo Lepori e sue sono infatti le tavole che compaiono alla fine di ogni episodio come compendio fumettistico di quanto appena visto. Il gioco delle citazioni fa sentire, in qualche modo, a casa: Tentori ormai nei film è stato evirato talmente tante volte che non le si conta più e il riferimento, venendo da lui, non può non essere al cinema di Massaccesi. Pascal Persiano nessuno può dimenticare che abbia girato all’epoca Paganini horror, quindi è recidivante in materia. Insisto nel dire che l’ultimo segmento, ispirato alla Maschera della morte rossa è quello ideologicamente ed esteticamente più efficace. E Simona Vannelli, una delle attrici dell’episodio è anche la protagonista femminile  del secondo segmento sulle corna inusuali (il titolo è Alien lover) dove Lepori dà il meglio di sé nella delineazione del milieu toscano, malato e degradato, in cui avviene il tutto. Hanno collaborato anche Sergio Stivaletti e David Bracci per gli sfx. Bravi tutti. Promosso a pieni voti.