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Bullet Head

2017
Titolo Originale:
Bullet Head
REGIA:
Paul Solet
CAST:
Antonio Banderas (Blue)
Adrien Brody (Stacy)
John Malkovich (Walker)

Il nostro giudizio

Bullet Head è un film del 2017, diretto da Paul Solet

Il cane, si sa, è il migliore amico dell’uomo. Ma ne siamo poi così  sicuri? Nonostante questa celebre e rassicurante massima sia ormai entrata saldamente a far parte del senso comune, nel corso del tempo numerosi sono stati gli autori che, a cavallo fra cinema e letteratura, hanno dimostrato qualche sana perplessità nei confronti del nostro scodinzolante compagno di giochi. Partendo dal vate Stephen King – il cui terrificante mastino Cujo, dalla carta allo schermo, ha costituito il prototipo della macchina assassina a quattro zampe – e giungendo fino al famelico branco del The Breed (2008) di Nicholas Mastandrea. Senza dimenticare, ovviamente, il superclassico Dogs (1977) di Burt Brinkerhoff e quel piccolo spietato capolavoro che fu Rottweiler (1982) di Worth Keeter. Insomma, l’oggetto/soggetto canino ha finito per divenire, spesse volte, autentica entità famelica e mostruosa, capace d’indicibili orrori, ribaltando così il normale equilibrio naturale fra uomo e animale. Partendo da tali premesse, dinnanzi a un’opera come Bullet Head non si può fare a meno di rimanere quantomeno perplessi, al cospetto della fervida e spiazzante fantasia di un ottimo mestierante come Paul Solet, partito più che onestamente con due ottimi horror-thriller come Grace (2009) e Dark Summer (2015) – e tutto sommato convincente anche nel segmento The Keak and the Wicked dell’antologia collettiva Tales of Halloween (2015).

Solet mette infatti in scena un (eccessivamente) incredibile home invasion (anzi, forse sarebbe meglio parlare di factory invasion) dal sapore cinofilo, in cui uno sconclusionato manipolo di criminali (John Malkovich, Adrien Brody e uno stralunato Rory Culkin) si ritrova costretto a sostare in una fabbrica abbandonata, tenuta sotto scacco da un ferocissimo mastino da combattimento di proprietà di un misterioso organizzatore d’incontri clandestini fra cani (un Antonio Banderas insolitamente annoiato). Inutile dire che il nostro gruppetto ne vedrà delle belle, fra agguati al cardiopalma ad opera di una mostruosa (e ipermuscolosa) entità ringhiante e sdolcinati flash back che ricostruiscono, in maniera alquanto pedante, la back story di ciascun personaggio. Nonostante il forte spessore dai nomi messi in campo – evidente strategia di richiamo commerciale che qui, più che mai, risulta del tutto inutile e, come nel caso del buon vecchio Banderas, addirittura controproducente –, l’unico protagonista e vera fonte di godimento di Bullet Head è proprio lui, il mastino assassino, grottesco mash up ultrasteroideo in versione abbaiante (e profusamente sanguinante) di Arnold Schwarzenegger, Jason Momoa e John Cena ai tempi d’oro: un devastante mostro di Frankenstein a pelo corto nutrito a scariche elettriche e brandelli di carne dei propri simili, capace di un unico ed elementare processo naturale: inseguire, scovare e uccidere.

Tralasciando le sopracitate melense e le inutili digressioni drammatiche nel vissuto dei protagonisti e soprassedendo sull’evidente farraginosità drammaturgica, la forza portante a cui Solet si affida per rendere la propria opera quantomeno degna d’attenzione, risiede interamente nella vincente elementarità di una sceneggiatura capace di riproporre il meccanismo di caccia del gatto (qui cane) col topo in una veste che richiama la struttura già rodata nell’ottimo Man in the Dark, laddove un gruppuscolo mal assortito di ladruncoli da strapazzo finisce, letteralmente, per menare il can per l’aia direttamente nella cuccia del suddetto. Concedendosi in sottotraccia una più che evidente (e strategicamente ruffiana) critica alle vessazioni umane nei confronti degli amici (e nemici) animali, Bullet Head opera onestamente entro i confini di un piccolo prodotto d’intrattenimento con tanti difetti ma sorretto da un grande pregio, quello di consegnare all’immaginario filmico un ennesimo personaggio iconico a quattro zampe e canini appuntiti che non mancherà certo di fomentare la felicità di un pubblico di cinefili (e cinofili) incalliti.