Featured Image

Between

2015
Titolo Originale:
Between
REGIA:
Jon Cassar, Michael McGowan
CAST:
Jennette McCurdy (Wiley Day)
Jesse Carere (Adam Jones)
Jack Murray (Mark)

Il nostro giudizio

Between è una serie tv del 2015, ideata da Michael McGowan.

Il fascino di raccontare l’evoluzione di una società popolata solo da bambini e teenager ha creato decine di epigoni in letteratura e al cinema. Difficile trovare ancora qualcosa di nuovo, o narrare il già visto in maniera nuova. A scanso di equivoci, Between, serie canadese co-prodotta dal colosso dello streaming Netflix, affronta l’argomento ma non riesce, e non aspira neanche, a costruire qualcosa di nuovo: il suo autore, Michael McGowan, preferisce piuttosto adagiarsi su modelli standard che azzardarsi a esplorare nuovi terreni, a cercare spunti inediti. Con un livello di ambizioni così – eufemisticamente – umile, non si può certamente pretendere e rimproverare nulla, anche se il coinvolgimento di Netflix, che ci ha ormai viziati a serie di qualità ben più alta, faceva sperare nella classica sorpresa. In realtà, è molto più probabile che la serie si faccia ricordare per essere stato il primo esperimento di serialità distribuita a cadenza settimanale, come da ortodossia televisiva, fatta da un operatore come Netflix, il cui successo è nato proprio per aver spezzato questa tradizione distribuendo intere stagioni in una volta, scatenando lo spettatore dall’attesa e spingendolo al binge watching: insomma, non il massimo della vita.

La scintilla della storia di Between è una malattia senza alcuna spiegazione che colpisce la piccola e tranquilla cittadina di Pretty Lake. Un male invisibile decima letteralmente la popolazione, lasciando in vita solamente coloro che hanno un’età inferiore ai ventidue anni. Il governo, non sapendo che pesci pigliare, isola in quarantena l’intera zona lasciando i ragazzi sopravvissuti al proprio destino. Ma la vita deve continuare e gli adolescenti, in un modo o nell’altro, devono costruire una parvenza di struttura sociale e gerarchica per non cadere nell’anarchia e nello sciacallaggio.

Intere generazioni sono morte, quelle nuove detengono, loro malgrado, il potere: non siamo però nel dominio dei young adults, né negli scenari più suggestivi di Grano rosso sangue o Il signore delle mosche. Il nuovo scenario viene affrontato con superficialità e sufficienza: ovvio che nessuno pretenda la profondità di scrittura di un Leftovers, ma il clima di mistero che si vuole creare crolla immediatamente sotto le pesanti ondate di teen drama, tra amori non corrisposti, figli abbandonati e drammi familiari. Non basta la curiosa struttura da film western che viene data alla nuova società (il più ricco detiene la legge, il cattivo con i fratelli vive isolato, c’è pure il fattore buono) per rinvigorire questo modello che aveva già dato pesanti segni di insopportabilità con Under the Dome. Nel finale il vero mistero è la decisione di rinnovare lo show per una seconda stagione, soprattutto dopo aver svelato cause, motivazioni e soluzioni e, nonostante ciò, non aver smosso di un millimetro l’interesse per le sorti dei sopravvissuti e della serie.