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Bereavement

2010
Titolo Originale:
Bereavement
REGIA:
Stevan Mena
CAST:
Alexandra Daddario
Spencer List
Michael Biehn

Il nostro giudizio

Continua la cavalcata del Torino Film Festival attraverso i generi più estremi: Bereavement lambisce l’horror raccontando di un serial killer, della sua piccola vittima e di un inquietante teschio bovino.

Martin, un bambino sofferente di una rara malattia che causa una totale insensibilità al dolore fisico, viene rapito da uno psicopatico e portato nel mattatoio in disuso dove vive. Cinque anni dopo la giovane Allison si trasferisce nella stessa cittadina, ospite degli zii, dopo la morte dei genitori. Due storie parallele che finiranno, inevitabilmente, per incrociarsi.

Potrebbe essere definito una sorta di “horror di formazione” questo Bereavement (“lutto” ), pellicola firmata dallo statunitense Stevan Mena e presentata alla XXIX edizione del Torino Film Festival, nella sezione Festa Mobile. Il film è il prequel di Malevolence (2004), dello stesso regista, dunque qui vediamo l’ antefatto, l’ origine e genesi di un killer. Il film parte bene, anche ad un’ eccellente realizzazione tecnica: ottima regia e montaggio, bellissima la fotografia, ad opera di Marco Cappetta, artefice di immagini suggestive ed efficaci nel delineare la differenza tra le scene ambientate nel mattatoio, il folle microcosmo di Graham Sutter (ogni riferimento non è casuale, in un film molto citazionista), e il mondo esterno: nelle prime, la fotografia è quasi seppiata, irrealistica, rendendo ad arte la dimensione da incubo dell’ ex slaughterhouse. Molto importante l’uso del suono, sia nello splendido score, realizzato dello stesso Mena, sia nella messa in scena delle uccisioni : l’ alternanza tra mostrato e suggerito si mescola ai rumori amplificati del coltello che affonda nelle carni, dell’ ascia che amputa, dei ganci da macellaio che penetrano negli arti. La rara malattia di Martin è spunto interessante, così come il rapporto tra Sutter e il piccolo, costretto ad assistere alle gesta omicide del pazzo, che si evolve fino a diventare vera e propria formazione di un killer. Graham ha avuto un padre violento, col quale “dialoga” nei suoi deliri; un inquietante (e visivamente efficace) teschio bovino appeso al muro è il simbolo di quella figura paterna che l’ha reso ciò che è.

La storia di Allison scorre in parallelo: in seguito alla morte dei genitori, è costretta a trasferirsi proprio in quel paesino rurale, ospite della famiglia dello zio Jonathan, un ottimo Michael Biehn. Le difficoltà della ragazza, il lutto che la opprime, si alternano alla storia del killer e del suo piccolo testimone: finiranno, ovviamente, per incrociarsi. Nel cast figura anche John Savage, nel non memorabile ruolo di un padre paralitico e alcoolizzato, poco più che un cameo. Si parte bene, ma ci si perde verso la parte centrale: i deliri di Sutter iniziano a diventare ripetitivi e come villain è debole, non ha carisma. Troppi clichè sono risaputi e si pesca a piene mani dal repertorio horror più sfruttato, a partire dalla saga di Texas Chainsaw Massacre fino al più recente Frailty. Allison non ha un milligrammo della forza delle eroine slasher anni ’80,e si limita ad urlare e girare in canottiera lasciando intravedere le sue generose grazie. Il finale è fastidiosamente prevedibile, così come il segmento che arriva dopo i titoli di coda e che dovrebbe rappresentare l’effetto sorpresa. Invece…