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Before We Vanish

2017
Titolo Originale:
散歩する侵略者, Sanpo suru shinryakusha
REGIA:
Kiyoshi Kurosawa
CAST:
Masami Nagasawa (Narumi Kase)
Ryuhei Matsuda (Shinji Kase)
Hiroki Hasegawa (Sakurai)

Il nostro giudizio

Before We Vanish è un film del 2017, diretto da Kiyoshi Kurosawa

Un incipit, quello di Before We Vanish, degno del grande maestro del J-Horror Kiyoshi Kurosawa. Una ragazzina porta a casa un pesciolino rosso, emblema di innocenza. Un ardito movimento di macchina arriva a inquadrare dall’alto la sua famiglia sterminata, con il pesciolino agonizzante che saltella, fuori dall’acqua ma in una pozza di sangue. Lei, unica sopravvissuta, uscirà di casa provocando un devastante incidente stradale a catena, tra TIR e automobili ribaltati. Un picco di climax altissimo per poi proseguire con una lunga calma piatta. Before We Vanish, però, non è un J-Horror, il genere che con Kurosawa ha raggiunto le sue massime vette fino alla trasferta francese di Daguerrotype. Non ci sono le classiche presenze ectoplasmatiche del suo cinema. Stavolta abbiamo a che fare con degli alieni.. Con l’adattamento di un testo teatrale, dell’autore Tomohiro Maekawa, Kurosawa recupera il tema archetipo della possessione degli extraterrestri, riprendendo un filo che passa da un classico degli anni ’50 come L’invasione degli ultracorpi, di Don Siegel, a Essi vivono di John Carpenter – che pure affonda le sue radici in un racconto dei primi anni ’60.

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Era la fantascienza sociologica dell’epoca, vicina allo spazio interiore di James Ballard o al relativismo del reale di Philip K. Dick o ai paradossi cerebrali di Ai confini della realtà. Tutto ciò serve a Kiyoshi Kurosawa per rielaborare la sua concezione cardine del disturbante che si annida nel quotidiano, dell’orrore pronto a deflagrare nelle pieghe della vita di tutti i giorni. Cosa che, del resto, succede anche nei suoi film non di genere, sulla “real life”, come Tokyo Sonata. L’alienazione della società giapponese ritratta dal regista è ancora più estrema di quella americana degli anni ’50 di L’invasione degli ultracorpi. I personaggi posseduti sono come lobotomizzati e nemmeno Kurosawa ha bisogno di creare nuovi tipi di baccelli, o astronavi o quant’altro. Rimane sempre sul filo del realismo, lasciando una forte ambiguità, massima all’inizio, sulla reale esistenza degli extraterrestri, che potrebbero essere allucinazioni o invenzioni.

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Ma nella sua decostruzione del genere, Kurosawa arriva ancora più lontano. Come i suoi fantasmi vanno ben oltre la pura presenza gotica e sono portatori di riflessioni sulla vita trascorsa, così i suoi extraterrestri sono esistenzialisti ed entrano in un rapporto dialettico con le coscienze dei corpi che possiedono, un conflitto tra i loro “self” e “non self”. Purtroppo, in una tale congegno di sottrazioni, Kurosawa si lascia andare alla sequenza-baracconata di un inseguimento con aereo che ricalca la celebre scena di Intrigo internazionale. Una contraddizione, come del resto gli era successo con i plesiosauri di Real, unico tonfo della sua meritoria filmografia.