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Amer

2009
Titolo Originale:
Amer
REGIA:
Hélène Cattet, Bruno Forzani
CAST:
Cassandra Forêt (Ana bambina) Charlotte Eugène Guibeaud
Marie Bos (Ana adulta)
Delphine Brual (Graziella)

Il nostro giudizio

Amer è un film del 2009, diretto da Bruno Forzani & Hélène Cattet

Filone feticistico per eccellenza, generatore di epigonismo sia a un livello alto e colto sia nei più deprimenti suburbi del cinema indi e undeground, il giallo all’italiana ha sempre corso il rischio di vedersi cannibalizzato, triturato e infine vomitato dai cultori incapaci di vedere oltre le apparenze e le sembianze del genere. Fin troppo facile dire che sia mancato un nuovo Dario Argento, qualcuno che nel momento stesso in cui raccoglieva il testimone del passato lo proiettasse verso il futuro. Bruno Forzani & Hélène Cattet sono stati una felice eccezione. Il loro Amer – cioè “amaro”, ma per il calembour fonetico del francese anche “amare” – racconta tre fasi della vita di Ana: infanzia, adolescenza, maturità. Bambina (Cassandra Forêt), vive con i genitori in una casa enorme, immobile, silenziosa. Il silenzio è una delle cifre essenziali dell’opera. Fruscia per le stanze anche una parente, coperta di velette nere, probabilmente vecchia, verosimilmente orrenda, sicuramente strega. Il padre della madre di Ana è morto, disteso sul cataletto: uno zombi che stringe tra le mani un orologio capace di assumere vita assassina. Forzani & Cattet hanno in mente la parte finale di Suspiria di Dario Argento, la suggestione della stanza in cui si nasconde agli sguardi profani Elena Markos, la Regina Nera, la Padrona della Magia, la Mater Suspiriorum dal corpo semi-putrefatto ma ancora potente. Un’omaggio al capolavoro, il tempo di un inchino rispettoso per poi librarsi per conto proprio, volando con ali nuove, nel cielo del fantastico.

Un punto di riferimento è anche, certamente, Mario Bava e soprattutto l’episodio La goccia d’acqua di I tre volti della paura (1963). Nel primo segmento di Amer le ombre strisciano sui muri e sul pavimento come creature viventi con lo scopo di afferrare la piccola Ana. Un occhio spia dal buco della serratura, mentre strani rituali con sale sotto i letti e uccelli morti vengono consumati in segreto. Adolescente (Charlotte Eugène Guibeaud), Ana vive nel fulgore dell’estate lo sboccio del suo fiore fisico. Sole, carne, pelle, il rosso delle prime mestruazioni. Tutto è fermo e ugualmente tutto accade: la porta di una drogheria ha incise le prime terzine dell’Inferno dantesco e fuori, sotto la calura, una banda di Hell’s Angels è in attesa. Qui ci muoviamo in un regno diverso: Dario Argento non viene evocato per ciò che ha fatto, ma per ciò che avrebbe potuto fare. È una forma sottilissima di emulazione, che si mette al servizio della grammatica astratta, simbolica, elegantissima, che Forzani & Cattet hanno posto alla base del loro linguaggio.

La dimensione dell’erotismo e quella dell’omicidio sono culla della maturità di Ana (Marie Bos), che torna in una vecchia villa in disfacimento sul mare – la casa dell’inizio e il salmastro, assolato ambiente del segmento precedente. Il Caronte che la tragitta dalla stazione a destinazione ha tutta l’aria di un killer, sul sedile della cui auto la donna fantastica un immaginario orgasmo nel vento. Dopodiché, la metamorfosi si compie in un fervido omaggio a Profondo rosso: l’arrivo nella casa; i segreti dietro le pareti; e una morte che si ribalta in una serie di Matrioske con al centro la sequenza meno sostenibile, per violenza, nella storia del cinema degli anni Zero. Amaro da amare. Un cinema totale, della mente e dei sensi. Che quando lo vedi non ti fa paura, ma poi di notte non dormi. Un cinema forse anti-commerciale, destabilizzante, persino scioccante, Amer è un viaggio nel colorato luna park della fantasia che evoca nostalgia per il passato e accende la speranza nel futuro.