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Altitude

2010
Titolo Originale:
Altitude
REGIA:
Kaare Andrews
CAST:
Mike Dopud
Jessica Lowndes
Julianna Guill

Il nostro giudizio

Altitude: nell’oscurità si aggira una presenza angosciante, che colpisce un gruppo di passeggeri atterrati in una situazione di estrema emergenza.

Come nella filosofia, così anche nel cinema horror gli enti non vanno moltiplicati senza necessità. Metti un gruppo di persone, tre ragazzi e due ragazze, su un aereo da turismo che a un certo punto comincia ad accusare difficoltà di volo in quota, dopo essere entrato in un ammasso di cumulinembi nerastri. La situazione si direbbe bastante: claustrofobia, tensioni tra gli occupanti del velivolo – due sono una coppia, la pilota ha dei conti in sospeso oltre che con un trauma infantile con uno dei ragazzi che spasima per lei, mentre l’ultimo tizio è un macho fuori di testa – un guasto a un alettone di coda che si deciderà di tentare di riparare uscendo dalla cabina tramite una corda.

Ma al regista Kaare Andrews Airport va stretto per cui ci aggiunge, ad abbondanza, una specie di essere tentacolato che gravita tra i nuvoloni e che sembra sempre essere lì lì per inghiottire l’areoplanino.
Forte è l’impressione di trovarsi di fronte a una puntata di Ai confini della realtà dilatata a dismisura per coprire l’ora e mezza. Dilatazione, ossia stiracchiamento, che nelle fasi culminanti della storia giunge a quel nefasto accumulo di elementi di cui all’inizio: spunta infatti a bordo del velivolo un albo a fumetti che contiene la prefigurazione di tutto quanto sta accadendo ai protagonisti e quindi si scivola nel fulmine in coda finale che a quanto pare non soltanto chi scrive – giudicando dai commenti esterrefatti degli utenti dell’IMDB – ha trovato semi-incomprensibile.
Dire che il film ha una buona fotografia e una confezione esteticamente decente, significa dire la stessa cosa che vale per il 90% dei prodotti americani, e forse in questo caso, un pochetto di rozzezza e sporcizia realizzativa avrebbe finito, paradossalmente, per dare ad Altitude un maggiore appeal.
Andrews viene dai fumetti – tanto per cambiare –, pare sia un virtuoso nel campo e può quindi essere che chi non è sintonizzato su quelle lunghezze d’onda non afferri i pregi del film. Il profano registra effetti speciali e cromie verdastre con quell’insopportabile aria di falso, e attori anonimi, tranne la pilota traumatizzata Jessica Lowndes, che ha una bella faccetta lunga ed esile e due occhi magnetici, ma resta lì sospesa a mezz’aria come il suo povero bimotore in avaria.
Francamente, l’unica cosa non malvagia è il manifesto.