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Almost Dead

2016
Titolo Originale:
Almost Dead
REGIA:
Giorgio Bruno
CAST:
Aylin Prandi (Hope Walsh)
Sean James Sutton (Donald Dawson)
Massimiliano Russo (Zombi)

Il nostro giudizio

Almost Dead è un film horror del 2016, diretto da Giorgio Bruno

Regista, produttore e distributore di vari film indi tramite la sua Explorer Entertainment – dopo l’esordio nel 2013 col thriller Nero infinito (interessante nelle premesse ma troppo televisivo e patinato nella realizzazione) – Giorgio Bruno compie un netto passo in avanti con il suo nuovo film, Almost dead (2016). Un horror che ha il merito di trattare l’argomento zombi, abusato nel cinema di tutto il mondo, da una prospettiva differente, grazie a una sceneggiatura creativa anche se minimalista e a una netta maturazione della regia. Scordiamoci gli zombi che corrono e gli effetti digitali: qui tornano, finalmente, i bei vecchi morti viventi che ci piacciono, quelli putrefatti e ciondolanti di romeriana memoria. La storia ruota interamente attorno a una donna di nome Hope (“speranza”, un nomen omen), interpretata dalla bella e brava Aylin Prandi (la ricordiamo in Diaz di Daniele Vicari): risvegliatasi senza memoria in un’auto accanto al cadavere di una ragazza, deve difendersi dall’assalto degli zombi e scoprire la propria identità. Grazie a un cellulare riesce a comunicare col mondo esterno e apprende di essere una scienziata in lotta contro un’epidemia che sta trasformando l’umanità in cadaveri ambulanti.

Almost dead non sembra neppure un film di casa nostra, essendo pensato per il mercato internazionale e diretto con un taglio all’americana, non solo per la fotografia molto cinematografica ma anche per la mescolanza di vari filoni horror tipici del made in USA che Bruno è abile nel proporre in una mimesis efficace: lo zombi-movie incentrato su un’epidemia come elemento scatenante, il survival-movie, il thriller con un personaggio isolato che usa il cellulare per sopravvivere. Anche la premessa iniziale – il risveglio senza memoria in un territorio ostile e mortifero – è un topos di vari horror contemporanei (pensiamo a Buried e Open grave), con l’identificazione fra spettatore e protagonista nell’indagine e nel progressivo disvelarsi del mistero: Giorgio Bruno incrocia e alterna le due piste narrative, cioè l’assedio dei morti viventi e l’indagine a ritroso sul passato della protagonista. Gli effetti gore e splatter sono presenti, fra braccia mozzate, un banchetto antropofago, ferite e schizzi di sangue, anche se in misura moderata, e il make-up degli zombi ha un buon impatto nostalgico, con la carne putrefatta e i vestiti lacerati, il tutto fatto con del buon artigianato: non è necessario mostrare litri di sangue per creare inquietudine, visto che Almost dead è un horror tutto giocato sull’atmosfera claustrofobica in cui è intrappolata Hope Walsh – claustrofobia fisica e psichica, impossibilità di uscire dall’auto e dall’abisso mentale in cui è precipitata – aumentata dall’ambientazione notturna.

L’essere incentrato quasi interamente sulla prospettiva della Prandi, che di fatto è l’unica protagonista insieme a pochi comprimari, è al contempo uno dei punti di forza di Almost dead  per l’idea narrativa e la sensazione di angoscia opprimente, ma anche il principale punto debole, perché una vicenda di questo tipo spalmata sugli 80 minuti circa di durata genera inevitabilmente una certa lentezza, che la regia ha comunque il merito di non far degenerare in noia. Bruno si concede anche qualche richiamo sociologico alla Romero, con la popolazione ostile che insorge insieme agli zombi, ma non spingiamoci troppo in là: Almost dead rimane un buon horror d’atmosfera proprio per la mancanza di pretese autoriali, che nel cinema indi italiano vuol dire già tanto.