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7 cadaveri per Scotland Yard

1972
Titolo Originale:
Ed Distripador de Londres
REGIA:
José Luis Madrid
CAST:
Paul Naschy (Bruno Doriani)
Miguel Minuesa (Soprintendente Chambers)
Renzo Marignano (ispettore Campbell)

Il nostro giudizio

7 Cadaveri per Scotlad Yard è un film del 1972, diretto da José Luis Madrid

Gli spagnoli mi chiedono un testo per un libro su Paul Naschy, alias Jacinto Molina alias il licantropo Daninsky. «Scegli tu – mi dicono – di quale film parlare», pescando dalla rosa della sua intera filmografia. Scelgo un giallo che probabilmente avrò visto una sola volta in vita mia, se l’ho visto: 7 cadaveri per Scotland Yard aka Jack el destripador de Londres nell’originale spagnolo, titolo che è perfettamente coerente con ciò che il film racconta: ovvero il ritorno su questa Terra di Jack lo Squartatore che ricomincia a uccidere le vittime come faceva allora, un secolo e rotti fa, tramite sventramento con susseguente escissione degli organi interni, che il nuovo Jack – un copycat, ovviamente – coccola e vezzeggia nella formalina, al riparo di un sinistro laboratorio che sembra uscir fuori da uno dei gotici degli anni Sessanta. Sul tubo c’è il film in una versione che è verosimilmente la più lunga in circolazione (ma non la più spinta, attenzione), con il parlato in spagnolo di base e con alcuni pezzi in italiano e in inglese. La ratio di questo Frankenstein mi sfugge, ma me lo guardo così, con la scorta dei giudizi dei vari esperti giallologi spagnoli e italiani che dicono che si tratta del peggior film del genere. Sarà vero? Certo che no.

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Di Madrid, il regista, José Luis Madrid, molti scrivono come di un cagnaccio, uno che dirige tirando via, buona la prima, rozzo e povero e squallido. A me pare addirittura virtuosistico, invece, il modo in cui apre il film con una lunghissima, quasi estenuante soggettiva dell’assassino che ingaggia un puttana a Soho e la segue fin nella camera d’albergo di lei, dove, una volta spogliati, il Jack reloaded sguaina un coltello (in primo piano, con sullo sfondo la faccia della donna che urla: argentismo evidente) e massacra la vittima. Vestita, in questa versione, mentre nel cut alternativo, per l’estero, la bionda cotonata era nuda – la memoria mi ricorda che la ragazza che cerca di coprirsi urlando, sul letto, era in una foto sul retro di una Mitel che non era quella del film ma un’altra, forse Colpo maestro. Tutto l’inizio è mimetico di L’occhio che uccide, marchianamente: e c’è da chiedersi chi potesse avere avuto l’idea di questa citazione-copia? Madrid? Oppure Molina, che a me pare più plausibile. Tenderei ad escludere Tito Carpi, accreditato pure lui perché il film era una coproduzione con la Spagna di Edmondo Amati, messa in piedi alla fine del 1971, inizio ’72 con l’evidente scopo di correre dietro al successo degli ultimi Argento, specie Quattro mosche di velluto grigio. Ecco perché il numero 7 nel titolo italiano (e anche internazionale: 7 Murders for Scotland Yard).

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Molina, già. Molina è bravo, qui, a mio immodesto giudizio. Si tagliò evidentemente addosso la parte di un povero disgraziato, ex circense diventato zoppo per un incidente e adesso ubriacone e mantenuto da una mignotta, il quale finisce nel mirino della polizia come possibile responsabile dei delitti alla Jack. Ovviamente lui non c’entra, il colpevole è uno svalvolato che, essendo due/tre i personaggi in campo, non è difficiliasimo indovinare, anche se un falso finale trae in inganno. Ma l’interessante è Molina, un perdente che nonostante faccia il duro e sfoderi gli artigli quando qualche stronzo lo sfotte o cerca di picchiarlo – succede due o tre volte nella storia –, ispira tenerezza e pietà. Il resto del cast è quello che è, messo insieme con gli scarti rimasti in frigo: basti dire che l’ispettore che indaga è Renzo Marignano, il caratterista sempre stilizzato come un lord inglese, e per questo lo presero, che fece due ruoli importanti in uno: il primo e l’ultimo. Poi c’è Orchidea De Sanctis, che sta in scena poche pose e finisce sotto i fendenti del mostro in maniera aprosdoketon. E buon ultimo Andrés Resino, che la bella Orchidea all’epoca, su 99 donne, confondeva con Naschy, dicendo che era un figo della madonna, bello e simpatico – e non parlava evidentemente di Daninsky. Insomma, a mettere insieme i più e i meno, per me vincono i più. E la rozzezza di certe riprese londinesi da cinema-vérité involontario – con la gente che passa e si copre la faccia perché non vuole essere filmata – fa anch’essa tenerezza e induce alla clemenza.