Featured Image

10 Cloverfield Lane

2016
Titolo Originale:
10 Cloverfield Lane
REGIA:
Josh Trachtenberg
CAST:
Mary Elizabeth Winstead (Michelle)
John Goodman (Howard Stambler)
John Gallagher Jr. (Emmet)

Il nostro giudizio

10 Cloverfield Lane è un film del 2016, diretto da Josh Trachtenberg

La notizia, fulminea e inaspettata, di un film in uscita con il titolo 10 Cloverfield Lane, diretto dal semi-esordiente Josh Trachtenberg, e l’esca, presente nel titolo, che lo vede legato al Cloverfield del 2008, altra creatura di successo del Re Mida Abrams, aveva piacevolmente sorpreso gli appassionati, da anni in attesa di un seguito del gioiellino diretto in stile found footage da Matt Reeves. Come in buona parte dei prodotti del buon JJ, si cela dove meno la si aspetta la fregatura, il volto nascosto della medaglia. Una fregatura che già si intuiva dal teaser, fatto circolare a sorpresa e che contiene unicamente scene all’interno di un bunker sotterraneo, poi confermata dallo stesso JJ Abrams che rettificava la presunta filiazione con il film del 2008, di natura più spirituale e platonica che contenutistica. All’atto concreto, il film si rivela per quello che è: un thriller claustrofobico, quasi tutto girato all’interno di un bunker, che per i fan(atici) di JJ Abrams sarà l’ennesima variazione della botola di Lost, dove un gruppo di persone, per vari motivi, si rifugiano per sfuggire a un non meglio precisato attacco, di natura radioattiva o batteriologica. Michelle (Mary Elizabeth Winstead), reduce da un litigio d’amore, emula l’hitchcockiana Marion Crane e prepara armi e bagagli per lasciare la città. Strade deserte e qualche frase captata alla radio sembrano gli unici segnali che qualcosa di strano sia successo, ma nulla di tutto questo ha importanza, distratta com’è dai messaggi che Ben (la voce in originale è di Bradley Cooper) le lascia per convincerla a ritornare. Michelle ha però un incidente, perde i sensi e si risveglia con un tutore alla gamba, incatenata, a letto, in una stanza spoglia.

Come la protagonista di Psyco, anche quella di 10 Cloverfield Lane cade nelle grinfie di un Norman Bates, il robusto aguzzino Howard (John Goodman) che la rassicura dicendo di averle salvato la vita e non solo nell’incidente: in superficie, infatti, un’esplosione di origine ignota sembra abbia rilasciato un gas che ha reso l’aria irrespirabile, condannando all’estinzione l’intera umanità, di cui loro potrebbero essere tra i pochi superstiti, grazie al rifugio sotterraneo che Howard aveva previdentemente attrezzato con cibo, acqua, libri e film in quantità. Anche Emmett (John Gallagher Jr.), il vicino di casa accolto da Howard e con un braccio ingessato, conferma la storia apocalittica, descrivendone i connotati più biblici. Michelle ha il sospetto che, in realtà, l’attacco chimico sia soltanto il frutto della mente bacata di Howard per tenerli buoni e che l’incidente sia stato provocato con premeditazione da Howard per imprigionarla. Tenta quindi di sfuggire alla prigionia, ma, arrivata alla porta, vede all’esterno una donna con i segni della contaminazione che chiede di poter entrare. Lì fuori giacciono anche dei cadaveri sfigurati di maiali, evidentemente contaminati… Tocca ammettere che le intenzioni a posteriori degli autori di farne una costola nel mondo di Cloverfield senza trasformarlo in un banale sequel, sono in fin dei conti ben riuscite. Il gancio con la storia originale si svela di striscio nel concitato finale e solo con un certo sforzo di immaginazione. Il film avrebbe funzionato anche con un titolo meno impegnativo e senza la pesante eredità del suo predecessore. Ma la sua anomala natura da spin-off diventa inconsapevolmente una ventata fresca nel panorama delle produzioni a cottimo dei franchise e nella sua inaspettata natura antipodica riesce a essere non gratuito.

Le notevoli differenze tra 10 Cloverfield Lane e Cloverfield non sono soltanto formali (lì un found footage, qui un classico cinema da camera) ma contenutistiche: quanto il film di Reeves era profondamente legato al contesto urbano (iconica la testa della statua della libertà che giace sulla strada) e debitore del cinema giapponese di genere (benché il referente più evidente, nell’uso dello spazio urbano e delle inquadrature del mostro, fosse il sudcoreano The Host), tanto il film di Trachtenberg ricalca situazioni classiche, tipiche del cinema di Hitchcock, o usa la fantascienza più anacronistica, implodendo immediatamente in uno spazio intimo e intimistico. Nonostante gli eccessi dialogici e le concessioni alle mode mumblecore, la tensione all’interno del bunker rimane elevata: niente mostri alieni (almeno nel sotterraneo) ma il male incarnato nell’uomo, grazie al mestiere di un John Goodman lontano dalle sue venature comiche, capace di giocare abilmente sulle aspettative di un ruolo convenzionale (l’aguzzino pieno di tic e ossessioni) e di dare vita a un villain pieno di sfumature. Goodman tiene in piedi il film soprattutto nell’atto centrale, quello di stampo maggiormente teatrale, mentre è compito della final girl della Winstead condurre lo spettatore nel terrore e nell’adrenalina del finale. Non tutti i passaggi riescono fluidi ma paradossalmente il quadro è più efficace dei dettagli che lo compongono.