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Storia del cinema horror italiano – Vol. 5

Autore:
Gordiano Lupi, Nico Parente, Luca Ruocco, Davide Longoni
Editore:
Edizioni Il Foglio letterario

Il nostro giudizio

La Storia del cinema horror italiano – vol. 5 pubblicato dalle Edizioni Il Foglio letterario si apre su Bruno Mattei e si chiude su Stefano Simone, procedendo quindi dal noto verso il totalmente ignoto. L’intitolazione è: Bruno Mattei, Roger Fratter e i contemporanei, che già indirizza a capire che tipo di taglio il volume, firmato da Gordiano Lupi con la collaborazione di Nico Parente, Luca Ruocco e Davide Longoni, scelga di avere. E la quarta di copertina sunteggia perfettamente, in qualche riga, la filosofia: “L’horror in Italia è un genere bistrattato, non considerato da produttori e distributori. Eppure l’horror in Italia continua a vivere, seppur nel sottobosco. Tanti i cineasti, perlopiù giovanissimi, che operano in questa direzione, regalando al pubblico di genere vere e proprie opere. E proprio a loro, con questo libro, rendiamo omaggio”. Quindi, è esplicito che il taglio sia, se non proprio encomiastico, tendenzialmente elogiativo di tutti coloro che decidono di abbracciare il genere. Per il solo fatto di averne il coraggio in un panorama così arido e frustrante come quello produttivo/distributivo italiano. Censire gli artefici della produzione horror italiana tra gli anni Novanta e oggi (l’ultimo volume pubblicato della collana copriva gli anni Ottanta) è lodevole, soprattutto perché, da un certo punto in avanti, la possibilità che si è offerta pressoché a chiunque di far cinema con mezzi autarchici e di far circolare le proprie opere attraverso nuovi canali, ha fatto crescere esponenzialmente il numero di chi si è buttato a far film. In una proporzionalità inversa che ha del paradossale: tanto più oggi in Italia il cinema di genere e segnatamente l’horror sembra ufficialmente estinto, quanto più “dal basso” preme questa legione di ignoti o semi-ignoti che sfornano film dopo film, destinati ad alimentare il capientissimo limbo del cinema.

La lista degli indagati della Storia del cinema horror italiano – vol. 5, a voler entrare più in profondità e nello specifico, è assai discontinua quanto a valore delle personalità registiche e delle opere in campo, ma l’interesse è la visione di insieme che ne viene fuori  e che denuncia un fermento continuo, come un rumore di sottofondo che la voce del cinema ufficiale, del cinema che arriva nelle sale o sui media maggiori, non riesce a zittire. Poi, è ovvio che Tulpa di Federico Zampaglione non è nemmeno lontanamente paragonabile a qualunque altro giallo o thriller citato nel volume. Ed è altrettanto ovvio che Bruno Mattei ci sta stretto in mezzo a questa selezione e che probabilmente la scelta di includerlo ha tenuto presente il fatto che abbia continuato a fare cinema di genere fino all’ultimo istante della sua vita oltre il 2000, sebbene Mattei provenisse da un altro universo rispetto a qualsiasi regista ospitato nelle pagine di questa silloge. Anche il “caso Roger Fratter”, in qualche modo, andrebbe tenuto distinto, visto il modo in cui il regista di Anabolyzer s’è creato una sua dimensione specifica dove muoversi, all’intersezione tra l’underground e un’idea o una vocazione cinematografica più ambiziosa.

L’abbondanza di interviste che farciscono il volume è molto utile per capire come intendano se stessi in rapporto al mondo e al cinema i registi in analisi, quali siano i loro obiettivi e le loro ambizioni. Chi è realista e chi è totalmente fuori misura; chi ci è e chi ci fa; ma almeno li vediamo messi allo scoperto, catalogati, fissati, raggruppati e sfrucugliati, che è già importantissimo. Una seconda parte di appendici, che in realtà occupano più della metà del libro, contiene saggi e interviste miscellanee, sia originali sia già pubblicate in siti internet, contribuendo ad aumentare la corposità del volume; che se ha una pecca è forse proprio in questa struttura un po’ farraginosa che rende poco agevole orientarsi nelle oltre 500 pagine.