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La paura cammina con i tacchi alti

Autore:
Stefano Iachetti
Editore:
Il Foglio

Il nostro giudizio

Quella dell’intervista è un’arte straordinaria sconosciuta ai più. Sono pochi coloro che spiccano nell’arte del dialogo e della sua traduzione su carta. La magia di un incontro con un personaggio o un testimone di un periodo storico sembra straordinaria “su nastro” ma, una volta sbobinata, il dialogo appare freddo, artificioso, smozzicato, involuto e incompleto. Su Nocturno noi amanti dell’intervista siamo molto fortunati (so di non essere l’unico ad amare questa forma letteraria). Le interviste di Davide Pulici, per esempio, sono sempre a fuoco, ricche e piacevoli quando non sono eccezionali. Ma altrove è difficile imbattersi in esempi di questa qualità e nel campo più ristretto del cinema bis ancor meno. Fa davvero molto piacere, quindi, questo nuovo libro edito dalle ottime Edizioni Il Foglio: La paura cammina con i tacchi alti. Il giallo all’italiana raccontato dalle protagoniste e dai protagonisti del cinema degli anni Settanta a cura di Stefano Iachetti. L’autore ha incontrato tra il 2015 e il 2016 diciassette tra le più desiderate ed indimenticate attrici degli anni settanta, italiane e straniere, per parlare con loro della loro vita e della loro carriera in Italia con particolare attenzione ai film thriller e gialli da loro interpretati. Sono Dominique Boschero, Ida Galli (ovvero Emily Stewart), Erika Blanc, Rosalba Neri, Erna Schurer, Edwige Fenech, Barbara Bouchet, Dagmar Lassander, Femi Benussi, Nieves Navarro, Rita Calderoni, Orchidea De Santis, Gabriella Giorgelli, Daniela Giordano, Martine Brochard, Dalila Di Lazzaro e Barbara Magnolfi. Se questi nomi non hanno fatto scattare in voi qualcosa, un brivido, un sospiro, un aumento di salivazione forse avete trovato come passare le prossime serate d’autunno…

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Ma è più probabile che questi nomi vi siano ben noti e quindi gioirete con me leggendo questo libro, pieno di aneddoti, racconti, ricordi, schizzi di un’epoca non poi così lontana ma apparentemente perduta. C’è qualcosa di più bello di una donna? Certamente: 17 donne! Beh, Pulici e Gomarasca arrivarono a 99 ma quella è un’altra storia! Qui Stefano Iachetti dimostra di sapere davvero il fatto suo: il suo approccio è paziente (la strada per ritrovare Dominique Boschero nei boschi piemontesi al confine francese deve essere stata molto lunga…), lieve ed apparentemente morbido, ma alla fine dell’intervista il ritratto dell’attrice è completo, il suo profilo è nitido. I diciassette caratteri, le diciassette sensibilità escono evidenti dal modo, in ognuna diverso, in cui raccontano i loro esordi, la loro giovinezza, il loro cinema. E, credetemi, immedesimarsi in queste donne dal fascino superiore ed immaginare i loro esordi, le loro avventure nel cinema, i successi, le loro difficoltà, i rimpianti, il loro ritiro dalle scene è davvero emozionante. In alcuni casi si ha come la malinconica sensazione che le loro carriere abbiano cavalcato una sorta di magia, di invasamento che le ha fatte brillare di una luce misteriosa, come per un incantesimo che, svanito l’effetto improvvisamente non si è più potuto ricreare.

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Gli anni Settanta sono stati anni in cui si è goduto, anche nel cinema, dell’onda lunga dell’aumento dei consumi del decennio precedente. A partire dal 1976 il cinema, e l’economia tutta, entra in crisi e nel giro di qualche anno questa crisi determinerà la fine di quel cinema dei generi che da tanti anni continuiamo ad amare e studiare. E Iachetti, nella sua introduzione colloca bene il genere giallo all’italiana nella società di allora, nello scontro devastante tra la tradizione cattolica sessuofoba e un’innegabile desiderio sessuale represso dell’uomo, che in quel decennio trovò sfogo nel cinema porno, nelle riviste e nei fumetti erotici, e della donna che, nonostante gli enormi freni culturali, percorse una strada di liberazione innegabile. La storia del giallo all’italiana aveva bisogno di questo libro in primo luogo perché le testimonianze, così importanti in generale e in particolare in questo libro, sono fondamentali per arricchire l’affresco di un genere così affascinante e che ha toccato, nei casi migliori, grandi vette di bellezza, di forza, mistero ed erotismo. In secondo luogo, è giusto e doveroso guardare a quel cinema, in apparenza fatto da uomini (registi, tecnici, sceneggiatori), con gli occhi femminili di coloro che l’hanno incarnato, che l’hanno fatto davvero, con i loro straordinari corpi, i loro caratteri, le loro presenze che potevano mutare la qualità di un’inquadratura e trasformare una sequenza in sogno.

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Questa visione attraverso gli occhi femminili viene accostata a quella, attraverso occhi maschili, quelli dei registi, degli scrittori, dei musicisti, degli attori e dei costumisti che hanno lavorato intorno e per quelle 17 donne: Eugenio Alabiso, Stelvio Cipriani, Ernesto Gastaldi, Angelo Iacono, George Hilton, Aldo Lado, Silvio Laurenzi, Umberto Lenzi e Sergio Martino. Un punto di vista che, dopo quelle storie di donne, sembra quasi, paradossalmente, secondario. Non è e non può esserlo e le loro testimonianze (come nel caso di Lenzi, Lado o Martino) sono sicuramente un pregio del libro. Ma la forza evocativa di quelle voci femminili e dei loro racconti, di quelle confessioni, quella capacità di sedurre che ancora hanno, anche se solo con le parole, ci fa apparire per un momento inconsistente anche la più moderata delle politiques des auteurs… PS: Introduce il libro un breve scritto di Malisa Longo (la diciottesima donna…) che non si trattiene dal dire la sua sulla rivalità tra attrici e su registi e produttori: ciò ce la fa amare ancor di più di quanto già l’amavamo.