La sceneggiatura di Suspiria

La sceneggiatura di Suspiria, il primo capitolo della trilogia sull’alchimia moderna di Dario Argento. Tutte le differenze rispetto al film effettivamente girato.
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“Questa storia è accaduta a Suzy Banner, americana. Venne in Europa perché voleva perfezionare i propri studi sul balletto. Si iscrisse per questa ragione alla più antica e prestigiosa Accademia di danza, la Tanz Akademie di Friburgo…”

La sceneggiatura di Suspiria alla quale abbiamo avuto accesso, manca del frontespizio, cosicché non possiamo riportarne l’intestazione. Si tratta, esteriormente, di un fascicolo di 277 pagine dattiloscritte e numerate, in formato A4. Il copione riporta numerose note a margine, scritte a penna, verosimilmente di mano di Argento, poiché si tratta quasi esclusivamente di note di regia.

Scena 1 – Ambiente americano indefinibile – Est. giorno (pgg 2 – 6)

Già l’incipit è all’insegna di una situazione che non avrà riflesso nel film girato. Siamo introdotti a una sequenza che si svolge “con un ribaltamento di misure per cui oggetti piccoli appaiono smisurati, sassolini sembrano macigni, rignagnoli d’acqua fiumi tempestosi”. Le voci che udiamo sono fuori campo e la mdp “per mezzo del procedimento Snorkel Camera” segue a distanza ravvicinatissima quel che si sta svolgendo in uno specchio d’acqua, “così immobile e liscio che diresti sia la superficie di un cristallo”. Una bambina (si chiama Janet) della quale vediamo solo le mani intente a piegare un foglio di carta in modo da formare una barchetta, domanda: «Perché parti zia Suzy?»; «Vado in Germania a perfezionarmi in un’Accademia di danza molto importante», risponde quella che capiamo essere una ragazza. (pg. 2). «è lontana la Germania?»; «Abbastanza… Da New York nove ore di aereo…». Le mani della bimba hanno ora tra le dita una “bamboletta di celluloide, alta la metà di una sigaretta, nuda, con grandi occhi azzurri dipinti e una boccuccia rosso fuoco leggermente socchiusa” – vien da pensare, necessariamente, alla rassegna di piccoli oggetti ripresi con lo Snorkel in Profondo rosso, tra i quali anche una bambolina nuda.. Janet la pone a bordo della barchetta, che inizia a muoversi sullo specchio d’acqua: «Ecco la zia Suzy che prende il piroscafo e ciu! ciu! ciu! ciu! parte per l’Europa».

Una nota, tra parentesi, insiste nel sottolineare che non si debba mai sapere cosa sia quest’acqua, se quella di un laghetto o di una fontana, concentrandosi, l’inquadratura, solo su una fetta limitata di realtà (pg.3), “mai più grande di mezzo metro per mezzo metro” (pg. 4). La barca perde man mano l’abbrivio e starebbe per fermarsi se non sorgesse, improvviso un forte vento, che la sospinge e ne aumenta la velocità, sempre più forte, fino a farla ondeggiare paurosamente, pericolosamente. Le voci FC si affievoliscono, sullo scambio di battute tra la nipotina e Suzy: «Com’è l’Europa, ci sei mai stata?»; «No, è la prima volta. Penso che sia bellissima». Segue una lunghissima descrizione (pgg. 5 – 6) delle peripezie della barchetta, in balia di una corrente che si fa turbinosa, furiosa – un carrello si avvicina, intanto, fino al PP, al volto del pupazzetto, “i cui occhi smisurati, a palla, paiono sbarrati dalla paura, la bocca socchiusa sembra atteggiata ad una smorfia” (pg. 5). Il tutto culmina allorché l’imbarcazione è afferrata da giri d’acqua sempre più stretti, più rapidi e vorticosi, all’interno di un gorgo “profondo, di acqua nera come l’inchiostro”: la barchetta – della quale la mdp testimonia, vicinissima, la discesa nell’abisso – si sfascia infine e la bambolina viene come afferrata da una mano invisibile, che la trascina chissà dove, giù, giù, giù… (pg. 6). Sullo schermo che si fa nero, scorrono i titoli di testa.

Scena 2 – Aeroporto di Zurigo – Int Notte (pgg. 7 – 10); Scena 3 – Aeroporto di Zurigo – Int Notte (pgg. 10 – 19)

In questa sceneggiatura, la meta di Suzy non era Friburgo ma Zurigo, nella Svizzera tedesca, “un incrocio di località tra il Reno, la Foresta Nera, i Vosgi, l’Alsazia e il Jura”. E la colonna sonora che accompagnava la ragazza, dall’arrivo – oltre i battenti di cristallo dell’aeroporto – al traghettamento in taxi fino all’Accademia (la “Tham Academy of Dance”), viene descritta come “una musica tzigana, così travolgente, ripetitiva, ossessiva, attraversata ogni tanto da altri accordi stridenti, inquietanti” (pg. 11). Rileviamo: una serie di inquadrature dall’alto, che seguono come a volo, al di sopra degli edifici della città, il tragitto del taxi (pg. 16); e delle immagini rapidissime (“alcune a incastro una con l’altra, altre a contrasto” – pg. 16) non meglio specificate, che Suzy scorge oltre i vetri appannati dell’auto, forse simili nel concept agli inserti pseudosubliminali di Inferno. La Tham Academy si para davanti ai nostri occhi come un edificio “enorme e stranissimo”. “L’impostazione architettonica è costruttivista tedesca. O anche pre-espressionista (non sembrino contraddizioni queste definizioni, perché il dibattito in architettura, letteratura, teatro, musica e cinema è ancora in atto e oggi più che mai attuale) – leggiamo nello script.

La stranezza è data dal fatto che non c’è un angolo della costruzione simile a un altro, non due porte o finestre uguali. “Una delle costruzioni più strane, belle e indimenticabili che Suzy abbia mai visto” (pg. 18). Va postillato che in un foglio vergato a penna, senza numerazione, che viaggiava con questo script dopo la pagina 264, si legge la seguente frase che, con minime modifiche, verrà recitata dalla voce di Argento a inizio film: “Questa storia è accaduta a Suzy Banner, americana. Venne in Europa perché voleva perfezionare e sviluppare i propri studi sul balletto. Si iscrisse per questa ragione alla più prestigiosa e antica accademia di danza, la Tanz Akademie di Friburgo. Partì da N.Y. alle nove di mattina e giunse in Germania alle 10,35 ora locale”. 

Scena 4 – Tham Academy – Est. notte (pgg. 20 – 25); Scena 5 – Taxi – Int notte (pg. 26); Scena 6 – Strada – Est. notte (pg. 27); Scena 7 – Atrio e scale – Int. notte (pg. 28)

Le parole di Pat Mingle, percepite da Suzy nella tempesta, sono: «Segreto… Ho visto oltre… tre giacinti… gira… blu». “Giacinti”, quindi, e non “iris” (pgg. 22 – 23). Interessante, nella scena in cui Pat calpesta la pozzanghera dove si riflette la facciata della casa di Sonia, il riferimento esplicito, indicato in “un quadro di Esher”(si tratta di Puddle, 1952). è il primo dei molti precisi rimandi a opere pittoriche e architettoniche che punteggiano la sceneggiatura. La sequenza successiva, allorché Pat entra nel palazzo, cita infatti, come modello per la costruzione, “l’Atelier Gropius di Francoforte”.

Scena 8 – Appartamento Sonia – Int. notte (pgg. 29 – 31); Scena 9 – Bagno Sonia – Int. Notte (pp. 32 – 34); Scena 10 – Tetti – Esterno Notte (pg. 35); Scena 11 – Bagno- Est. Notte (pgg. 36 – 40); Scena 13 – Bagno e tetti – Est. Notte (pg. 41); Scena 14 – Appartamento Sonia – Int. Notte (pg. 42); Scena 15 – Tetti – Est. Notte (pg. 43); Scena 16 – Scale palazzo Sonia – Int. Notte (pg. 44); Scena 17 – Tetti – Est. Notte (pgg. 45 – 46); Scena 18 – Scale casa Sonia – Notte (pgg. 47 – 48)

La migliore scena di omicidio della storia del cinema di tutti i tempi – suggeritagli, a dire di Argento, da un sogno – si prepara e si compie per la lunghezza di circa 20 pagine della sceneggiatura. Ed è pressoché incredibile come il passaggio sullo schermo non muti di una virgola lo script e quel pochissimo che cambia sia solo in meglio. Le varianti comprendono il tipo femminile rappresentato da Sonia (“avrà venticinque anni, aria sbrigativa, vestita con abiti sdruciti, sembra una di quelle ragazze della legione straniera post-hippy, benestante e mantenuta dai genitori, che si è trasferita da anni e ancora non si sa perché, in questa zona d’Europa, nel triangolo Colonia, Zurigo, Losanna” (pg. 30), che nel film verrà invece interpretata dall’elegante Susanna Javicoli, il cui appartamento non riflette per nulla gli “ambienti piccolissimi, arredati sommariamente” che descrive la sceneggiatura.

Ma il fatto sostanziale che la riguarda è che, sulla carta, non era preventivata la sua morte, travolta dalle schegge di vetro e dai frammenti di metallo del lucernaio sfondato, che le piovono addosso durante l’impiccagione dell’amica. Sulle fasi della morte della Axen niente va detto, se non che l’aggressore, dopo averla trascinata oltre la finestra (“sulle tegole, come se non pesasse niente” – pg. 41), la schiaffeggia tramortendola (pg. 43), prima di fissarle un cappio intorno al corpo e di cominciare a infierire su di lei con un coltello. Il copione nulla più ci dice di quel che vediamo nel film a proposito dell’identità dell’assassino (del cui braccio peloso e dotato di mani artigliate non si fa, però, menzione), anche se il rumore che attira Pat verso la bocca di tenebra della finistra è meglio precisato come “il raschiare delle unghie di un animale sulle tegole. O contro il vetro…” (pg. 36).

Scena 19 – Strada di fronte scuola – Int. giorno (pgg. 49 – 51); Scena 20 – Gruppo di scene raggruppate in un unica inquadratura – Atrio, salotto, scale, corrodoio, spogliatoio – Int. (pgg. 52 – 72)

Ala scena 20, Argento premette una nota, “a valere per collaboratori tecnici e artistici” che crediamo valga la pena riportare per esteso: “La seguente scena era in principio prevista con una suddivisione in quattro differenti scene e quarantacinque inquadrature. Verrà invece realizzata in un unico piano-sequenza, utilizzando mezzi tecnici agili e tenendo conto della geometria dei vari ambienti. L’autore tiene a precisare che questa acrobazia non sarà una belluria fine a se stessa, non sarà il piano-sequenza per il piano-sequenza (come a dire: stiamo a vedere chi è più bravo, chi la fa più difficile, chi la inventa più ardita), ma tenderà a rendere più dinamico, sfrenato, turbinante, quasto importante gruppo di scene dove entreranno in campo e saranno presentati quasi tutti i protagonisti del film. Non quindi il piano-sequenza che vuole restituire allo spettatore il gusto discorsivo in tempo reale (e quindi maggiormente realistico del cinema); neanche la lenta angoscia di una ineluttabilità del piano-sequenza, che è l’ineluttabilità del destino che si compie superando ogni ostacolo (alla Antonioni-Reporter). Qui il fattore ispirativo è casomai l’ispirazione ballettistica alla Busby Berkeley, l’inquadratura unica alla Lloyd Bacon (“42 Street”), il fuoco d’artificio che più va avanti e più sorprende, più esplode in un unico sparo. Quindi recitazione turbinosa, velocissima, incroci di personaggi, pezzi di frasi a fuggir via, macchina sempre in movimento. La presente premessa mi pare necessaria per spiegare a tutti il senso ideologico-stilistico di questa scena. D.A.”.

Il progetto dell’unico piano-sequenza è stato, tuttavia, abbandonato in corso d’opera. Per il resto, differenze rispetto alla sceneggiatura sono ravvisabili solo in brani di dialogo: Tanner  a Suzy (pg. 63): «La Than è un’antica accademia di specializzazione. Sai che qui hanno studiato alcune tra le più brave artiste e insegnanti di danza del mondo… La Ulanova… Gregoneff….»; Blank a Suzy, a proposito di Pat Mingle (pg. 63): «Povera ragazza, era un po’ leggera. Per questo l’avevo allontanata. Ho un certo rimorso… chissà la mamma… era figlia unica»; Sara a Olga, dopo essere stata presa in giro per il nome con la esse (pg. 71): “«E i nomi che che cominciano con la O sai che significano! O-o-o-o-o-o-olga. O-o-o-o-o-w!» e proncinciando le O, chiude le labbra ad imbuto, in una espressione un po’ pesante ma significativa”. 

Scena 21 – Casa Olga – Int. notte (pgg. 73 – 79); Scena 22 – Sala esercizi ginnici – Int. giorno (pgg. 80 – 84); Scena 23 – Corrodoio – Int. giorno (pgg. 85 – 90); Scena 24 – Sala gialla ballo – Int. Giorno (pgg. 91 –  97)

Un altro momento topico del film, quando Suzy subisce l’incantesimo della vecchia serva che sta lucidando gli argenti (pg. 85), differisce, in sceneggiatura, solo per cornice ambientale. Nel corridoio inizilamente immaginato, la luce è minima, piovendo da “vetrate variopinte” poste a tre metri dal suolo. Inoltre, un forte chiarore proveniente dalla cunica, a tre quarti del corridoio, crea un fortissimo contrasto con la penombra greve e cupa del camminamento. L’oggetto tramite il quale si opera la malia su Suzy, appare come “il pendaglio di un lampadario in cristallo, con una punta acuminata e dalla parte opposta una sfera, anch’essa di cristallo (pg. 87). Nella realtà, si usò un ordigno chiodato, del genere che nella seconda Guerra mondiale serviva ai partigiani per fermare i camion tedeschi. Più avanti, quando Suzy sviene durante l’esercizio (pg. 97), Sara urla vedendo un rivolo di sangue uscirle dalla bocca.

Scena 25 – Corridoio pensionato – Int pomeriggio (pg. 98); Stanza Suzy – Int. Pomeriggio (pgg. 99 – 104); Bagno Suzy – Int. Tramonto (pgg. 105 – 107)

Rimessasi dal malore, dopo le cure del dottor Verdegast, Suzy si trova nel bagno della sua camera quando lo sguardo le cade oltre la finestra, al di fuori. è il tramonto e un lontano rumore, un cigolio, attrae la sua attenzione: aguzzando la vista a una cinquantina di metri nel giardino, nota, attraverso le piante, qualcuno che sta andando in altalena: è Mark (Miguel Bosé) e, fatto assai curioso, pare vestito di una sola maglietta a maniche corte: l’inguine è scoperto. Da un altro lato dello stesso giardino, c’è Olga che fuma nervosamente, seduta su una panchina (pgg. 106 – 107). Viene fornito come riferimento iconografico il quadro di Maxwell Parrish “L’altalena” (si tratta di Dinkey Bird, 1904). Nel film non c’è nulla di ciò.   

Scena 28 – Stanza Suzy – Int. tramonto – sera (pgg. 108 – 112); Scena 29 – Camera Miriam – Int. sera (pg. 113); Scena 30 – Stanza di allievo – Int. sera (pg. 114); Scena 31 – Camera Suzy – Int. sera (pg. 115); Scena 32 – Camera Sara – Int. sera (pg. 116); Scena 33 – Camera Suzy – Int. sera (pgg. 117 – 118); Scena 34 – Camera Miriam – Int. sera (pg. 119); Scena 35 – Corrodoio – Int. Sera (pg. 120); Scena 36 – Corridoio – Int. notte (pgg. 121 – 122); Scena 37 – Soffitta – Int. notte (pgg. 123 – 125)

La sezione concerne la pioggia di vermi nelle camere delle allieve e la scoperta, nel solaio, delle casse di cibi andati a male. Nel copione, si gioca sull’equivoco che ciò che cade dal soffitto (composto di assi di legno sconnesse) sia intonaco, a cagione del passaggio nelle vicinanze della scuola di  un “camion pesantissimo” che la mdp avrebbe ripreso angolando dalla specchiera di fronte alla quale siede Suzy per rassettarsi i capelli (pg. 112). Dal girato mancano le scene 29, 30 e 34 – allievi/e che nelle loro stanze non si accorgono dello stillare della strana materia dall’alto -, mentre quando Tanner sale in soffitta (“un luogo grandissimo, esteso per una trentina di metri, come una specie di granaio” – pg. 123) e scopre le casse marcite brulicanti di vermi, testimone di tutta l’operazione è un gatto grigio (pg. 124) 

Scena 38 – Salotto privato Blank – Int. notte (pgg. 126 – 128); Scena 39 – Corrodoio e sala esercizi – Int. notte (pgg. 129 – [con taglio interno alla scena: pg. 130] 144) 

La sala esercizi in cui è stato temporaneamente allestito il dormitorio, lo scopriamo nella sceneggiatura con gli occhi del piccolo Albert, che vi giunge percorrendo un corridoio, a passi lenti (pg. 129). La lunghezza della scena e il puntiglio quasi maniacale con cui ne vengono analizzati i minimi particolari, allude evidentemente a una parte del film che ad Argento stava molto a cuore. I lenzuoli, giuntati l’uno all’altro, e stesi alle corde, dividono (“come spesse e lunghissime vele” – pg 131) l’ampio locale in tre parti. L’una, dove dormono le allieve, un’altra in cui dormono i maschi e una terza dove stanno le insegnanti. Quando Madame Blak si corica, dopo avere salutato le ragazze («Allora, è molto tardi… penso che non avrete paura se spengo le luci»; un’allieva celia: «Io sì!»; «E allora ciucciati il dito… ah, ah… Beh buonanotte»), nel suo settore rimane accesa una fioca lampadina che rende giallastra la “vela” divisoria. Luciano Tovoli allagherà, al contrario, tutto l’ambiente di una tinta rossa.

Un dato che emerge, qui e altrove nello script, senza paragoni nella pellicola, è il razzismo che governa i rapporti tra le allieve. Litigando con la vicina di letto, cui ha dato della pettegola, Sara si vede apostrofare come «Bugiarda maccheroni!» (pg. 136) – cui replicherà: «Guarda nanoide che io un giorno o l’altro ti faccio volare dalla finestra!» (pg. 137). L’epifania “uditiva” della Markos, era inoltre studiata per farsi strada attraverso una “sinfonia polifonica” di rumori, formata dai “sospiri, colpi di tosse, mormorii soffocati, rimestare di lenzuola, cigolii di reti, risatine appena accennate” delle ragazze dormienti (138). Lì, emerge, sempre più sensibile, “uno strano russare” che “inizia con un raschiare acuto e termina con un sibilo leggerissimo, modulato” (pg. 139). Diversa era la conclusione della scena, dopo il dialogo tra Sara e Suzy. La prima, guardando verso la zona in cui alla seconda pareva di aver visto un’ombra che si muoveva, cercava, impaurita, di riguadagnare il suo letto, ma così facendo la sua camicia da notte restava impigliata nella rete di Suzy. “Ed ecco che dal buio, dall’oscurità, qualcosa si materializza: è una sagoma, una silhouette ancora più scura, una sagoma vagamente antropomorfa che avanza” (pg. 145). Sara riesce, disperatamente, a liberare la camicia da notte e a trovare rifugio sotto le lenzuola (pg. 145).          

Scena 40 – Strada davanti alla scuola – Est. giorno (pgg. 146 – 148); Scena 41 – Atrio scuola – Int. giorno (pgg. 149 – 150); Scena 42 – Strada di fronte scuola – Int. giorno (pgg. 151 – 152); Scena 43 – Corridoio scuola – Int. giorno (pgg. 153 – 154); Scena 44 – Sala prove – Int. giorno (pgg. 155 – 158); Scena 45 – Stanza Suzy – Int. notte (pgg. 159 [taglio interno alla scena: pg. 162] – 166); Scena 46 – Vari ambienti nella suola – Int. notte (pgg. 167 – 168); Scena 47 – Strada cittadina – Est. notte (pgg. 169 – 171); Scena 48 – Piazza – Est. notte (pgg. 172 – 180)

Si comincia con il piccolo Albert morso dal cane lupo di Daniel (in sceneggiatura ha anche un nome: “Roby”) e si termina sulla morte del cieco sbranato – con un ferocissimo contrappasso – dalla sua stessa bestia. In mezzo, (pg. 159) Sara ha la rivelazione che le insegnanti, la sera, non escono dall’edificio ma vanno a nascondersi da qualche parte all’interno. Mette conto registrare che dopo l’arrivo del cieco all’Accademia, la mattina, nella stessa strada sopraggiungevano, Sara e Frank, il suo amico psichiatra («Ciao Frank, mi hai promesso che ti ci dedichi… non tradirmi»; «Certo, non ti ho mai tradito. Domani stesso, vedrai. No, non preoccuparti, stai serena») (pg. 147). Forse per non attenuare gli echi sinistri del personaggio, Argento decise di sopprimere uno scherzoso scambio di battute che Suzy aveva con Pavlo, l’inserviente venuto a portarle l’ennesima cena “in bianco” (pg. 160): «Vuoi favorire schifezze? Eh…? Mangiare tu, queste schifezze?», domanda alla quale il factotum rispondeva con un sorriso e facendo di no con il dito. Tra le cose più suggestive dello script, invece, sviluppate solo in parte dal film in questa sede, vi è l’idea che dall’Accademia sorga e cresca man mano una specie di vento malvagio “carico di gorgheggi, sospiri, voci strappate, accordi asincronici” (pg. 167), che dopo avere battuto i corridoi e le vuote stanze dell’edificio (“come se fosse una lugubre, cupa cassa di risonanza”), si getta sulla città notturna.

La meta della forza indefinibile è Daniel, che in origine non esce dalla birreria ma sta camminando – è l’una di notte – in una strada deserta che sfocia in una piazza circolare, altrettanto deserta (pgg. 171 – 172). Anche per il suo omicidio, il girato non fa che migliorare la sceneggiatura, grazie all’alzata d’ingegno di inserire il non previsto (pseudo)volo del grifone di pietra contro la vittima.         

Scena 49 – Spogliatoio – Int. giorno (pgg. 181 – 182); Scena 50 (manca in sceneggiatura: si salta direttamente alla scena 51 e le pagine sono consecutive); Scena 51 – Studio segreteria Blank – Int. giorno (pgg. 183 – 186); Scena 52 – Giardino interno scuola – Int. giorno (pgg. 187 – 189)

Dalla scena 52, scopriamo che il dialogo tra Sara e Suzy che nel film avviene in piscina, doveva avere luogo in principio in un giardino interno alla’Accademia (ma le note di regia, a margine, di Argento, si riferiscono già alle riprese in piscina). Tra pagina 187 e pagina 188, è intercalato alla sceneggiatura un foglio con l’intestazione “Hotel Bayerischer Hof Munchen” sul quale Argento ha schizzato lo schema dell’inizio dell’inquadratura – uno zoom lento – nella piscina. Al termine della sequenza, la mdp “si alza, si alza sempre di più, sfiorando le decorazioni gotiche, gli spigoli dell’edificio, i suoi tetti sbilenchi, le sue finestre irregolari. Si alza sempre più in alto. Mentre accordi sinistri echeggiano nella colonna sonora” (pg. 189).

Scena 53 – Camera Suzy – Int. notte (pgg. 190 – 196); Scena 54 – Vari corrodoi e ambienti – Int. notte (pgg. 197 – 199); Scena 55 – Ambiente A – Int. notte (pgg. 200 – 201); Scena 56 – Soffita – Int. notte (pgg. 202 – 204); Scena 57 – Il magazzino – Int. notte (pgg. 205 – 206); Scena 58 – Il magazzino – Int. notte (pgg. 207 – 209)

Predisponendo il supplizio e l’uccisione di Sara, la sceneggiatura ci fa entrare con un misterioso personaggio mantellato (nel film è Argento stesso), ripreso di spalle, in un ambiente “a forma di budello, incomprensibile. Le pareti sono alonate da strane ombre cangianti e fosforescenti” (pg. 200). Nel continuo di questa rapida scena – poi girata nel tunnel affrescato in nero e oro che introduce al penetrale della Strega -, la mdp si doveva fissare in PPP su un sacchetto di pelle nera, al cui interno riposava “uno splendido rasoio antico con il manico di osso intarsiato”: “Track! di botto la lama del rasoio si apre a tutto schermo davati all’obiettivo. Rimane qualche istante ferma, quindi svolazza davanti a noi, come volendo colpire qualcosa di invisibile” (pgg. 200 – 201). Il sacchetto diventerà, nel film, un astuccio rigido, dentro al quale giace il rasoio insieme ai due spilloni che serviranno ad accecare Sara. Tutta la meccanica della scena richiama il maniera piuttosto evidente una cosa analoga che stava in Quattro mosche di velluto grigio (apertura ex abrupto di una scatola contenente un rasoio).

E, più in generale, si può dire che Argento ritrovasse nell’omicidio di Sara, a seguire, elementi dei suoi “gialli”, abbandonandosi addirittura a una precisa autocitazione (il rasoio che tenta di sollevare il chiavistello, attraverso lo spiraglio della porta – pg. 206) da L’uccello dalle piume di cristallo. Quando, nel film, Sara viene assalita in soffitta dal suo assassino, noi percepiamo rapidamente una mano guantata che impugna il rasoio e la schiaffeggia, mentre lo script è più esplicito. La ragazza procede in soffitta, finché la mdp abbandona la sua figura per concentrarsi su un punto nel buio: “Vediamo qualcosa di incerto davanti a noi. Carrello lento in avanti verso questa macchia buia. Il carrello termina contro una stoffa di velluto. Riconosciamo nel velluto, la stoffa del mantello visto pocanzi (ci si riferisce alla scena 55, ndr). E nel nero, qualcosa balena d’improvviso: il biancore dei denti scoperti in un sorriso. Solo il sorriso, senza altri particolari fisionomici, neanche le labbra. Il mantello si agita, uscendo silenziosamente di campo.” (pg. 203).

Poco oltre, Sara, lievemente rincuorata, avverte qualcosa che la infastidisce sui capelli, vicino alla nuca. Allungando la mano, cerca di liberarsi dall’impiccio, ma la macchina angola e scopre (pg. 204): “Una mano massiccia, scura, pelosa, con unghie esageratamente lunghe, che si sta avvicinando alla sua nuca”. La ragazza se ne accorge, scarta urlando e, allora, “qualcosa di duro e scuro vola in aria e la colpisce in movimento”. Che è il solo particolare rimasto sulo schermo.          

Scena 59 – Stanza Sara – Int. giorno (pgg. 210 – 212); Scena 60 – Atrio – Int. giorno (pgg. 213 – 214); Scena 61 – Palazzo congressi – Int. giorno (pgg. 215 – 223)

L’incontro tra Suzy e Frank, dopo la sparizione di Sara, avviene in un palazzo “in perfetto stile Bahuaus, opera di qualche architetto di grido degli anni Dieci”. Argento aggiunge che “i riferimenti per la ricerca del palazzo sono contenuti nel libro Architettura Espressionista, a disposizione dell’rchitetto”. (pg. 215). Di fatto si girò, non all’interno ma all’esterno del palazzo della BMW, a Monaco. E l’aderenza allo script (dialoghi compresi) fu massima. Tranne che per la frase latina citata dal professor Milius a proposito della magia (“Quoddam ubique, quoddam sempre, quoddam ab omnibus creditum est” – il famoso canone dell’ortodossia, cioé il metro per giudicare la bontà di un’affermazione teologica, promosso da San Francesco di Lérins), che non é in sceneggiatura ma che si legge in forma abbreviata (“quidam, quaedam, quodam”) a mo’ forse di promemoria, nel foglio senza numero citato in riferimento alla scena 2.      

Scene 62 e 63 mancanti nel copione, senza salti di pagine; Scena 64 – Stanza Suzy – Int. sera (pg. 224); Scena 65 – Corridoio – Int. sera (pgg. 225 – 226); Scena 66 mancante nel copione, senza salti di pagine – Scena 67 -Telefono nel sottoscala – Int. notte (pgg. 227 – 228); Scena 68 – Stanza Suzy – Int. notte (pg. 229); Scena 69 – Bagno Suzy – Int. notte (pgg. 230 – 234), Scena 70 – Stanza Suzy – Int. notte (pgg. 235 – 239); Scena 71 – Galleria – Int. notte (pg. 240); Scena 72 – Salotto visite – Int. notte (pgg. 241 – 242); Scena 73 – Grande corridoio – Int. notte (pgg. 243 – 245); Scena 74 – Salotto Blank – Int. notte (pgg. 246 – 247); Scena 75 – Edificio scuola – Est. notte (pg. 248);   Scena 76 – Salotto Blank – Int. notte (pgg. 249 – 250); Scena 77 – Flash-back prima notte – Est. notte (pgg. 251 – 252); Scena 78 – Salotto Blank – Int. notte (pgg. 253 – 254); Scena 79 – Ambiente X – Int. (pg. 255); Scena 80 – Corridoio Int. (pgg. 256 – 262)

Massima, l’aderenza del girato alla sceneggiatura nel corso di questa lunga serie di scene che portano Suzy a scoprire il covo segreto delle streghe e a violarlo. L’ambiente definito “X” e il cunicolo, oltre la porta dissimulata dalla parete con i tre iris (“giacinti” – lo ricordiamo – nello script), non era ovviamente ancora stato pensato nei particolari dell’arredamento: si parla genericamente di un ambiente alto due metri al massimo, con a terra “una spessa moquette rosso vino” e damaschi dello stesso colore alle pareti, illuminato da una luce azzurrina proveniente dal fondo, da dietro un’ansa del corridoio (pg. 255). L’idea del budello che simulasse l’interno di una vena, doveva già essere stata scartata o intervenne dopo, venendo comunque abbandonata. Di notabile, il solo fatto che la Blank, prima di ricevere la comunione diabolica, afferri “uno strano gioiello d’oro con alcuni segni (indistinguibili in distanza) e due manici”, che la donna stringe per urlare il maleficio di morte contro Suzy (pg. 259). 

Scena 81 – Ambiente A – Int. (pg. 263 – 271)

Nel sancta sanctorum della Regina Nera, di Helena Markos, l’azione si sviluppa, in sceneggiatura, con alcune differenze. Appena dentro, Suzy vede accanto a sé, su un treppiedi “un grande uccello del Paradiso in argento, con le code formate da lunghi e spessi spilloni dalle teste in madreperla colorata” (pg. 263). La ragazza comincia ad avvertire il gorgoglio sinistro della strega e quindi individua la fonte del rumore in un “grande letto antico, coperto da un baldacchino e da una cortina di veli impenetrabile” (pg. 264). Vorrebbe fuggire, apre la porta, ma vede Pavlo nel corridoio e la richiude, “bruscamente, troppo bruscamente” rovesciando la scultura dell’uccello, la cui testa “si smonta” e gli spilloni cadono dalla coda (pg. 265). Una voce roca si ode: «Chi è? Chi c’è lì? (Con tono autoritario) Chi sei? Rispondi?». Poi, messa a fuoco Suzy in uno spiraglio tra le cortine del letto, la strega dice: «Ti vedo. Ah, ah… (una risatina leggermente sofferente e gorgogliante) Cosa credi di fare? Ah, ah… Credi di essere furba e di passarla liscia?». E aggiunge: «Volevi uccidermi? Ah, ah… E pensi che sia facile ammazzare Helena Markos? Non sarei vissuta fino ad oggi se lo fosse… Ah, ah, ah…» (pgg. 266 – 267).

Prima di quest’ultima battuta, si legge sulla destra della pagina 266, scritta a penna, l’annotazione “pantera”. Sotto la battuta, sempre a penna: “Sono Helena Markos e sono nata 140 anni fa: pensi che sarei vissuta tutto questo tempo, se fosse facile uccidermi?”. Quando Suzy, brandendo lo spillone, ha aperto la cortina, solo per scoprire che la strega non è nel letto, Argento specifica (pg. 267): “Attenzione: qui si verificano tre eventi di alta magia, in tre differenti punti della stanza. I tre fatti verranno comunicati agli interessati alla realizzazione e alla interpretazione della scena”. Accanto, a mano, sul copione, c’è un elenco che comprende solo due punti: 1) pantera di nuovo – cancellato con una linea e 2) Sara.  La spiegazione del secondo punto la danno altre frasi scarabocchiate da Argento: “Si odono i passi in avvicinamento, come nell’omicidio di Sara. Prima che si apra la porta. Poi si spalanca e Sara esce rapidamente, ridendo con la voce di Helena”.

Si sa che la preventivata trasformazione della strega in pantera (che in sceneggiatura non è, comunque, un elemento esplicito) non fu realizzata, ma la pantera rimane nel film, almeno come idea, nella statuetta di ceramica che la raffigura e che esploderà quando la Markos muore. Si girò, invece, l’apparizione di Stefania Casini in forma di zombi, come noto. Resta il mistero sul terzo evento magico che avrebbe prodotto la Strega Madre. Trafitta dallo stiletto di Suzy, la Regina rivela infine il suo volto, che è quello di “una vecchia di età indefinibile, ma ultracentenaria. Sembra mummificata ancora vivente. Quasi completamente calva. Il colore della pelle giallo-grigio. Una faccia deformata e distorta. Un ammasso di carne corrotta, centinaia di rughe così profonde da sembrare tagli. Occhi piccolissimi, glauchi, senza ciglia e sopracciglia. Il collo ridotto a due corde scheletriche, con su la pelle accartocciata. La bocca spalancata, tremante, che sbava schiuma bianca mista a sangue. E grida con voce roca e spezzata. Prima che il pugnale le trapassi del tutto il collo, uscendo dalla nuca (nel film la meccanica non è questa), la Strega Nera afferra Suzy per la nuca e la trascina poi a terra, gridando: «Maledetta… Tu sia maledetta! Maledettaaaa!» (pg. 270). Helena Markos muore e inizia il cataclisma.

Scena 82 – Corridoio – Int. (pg. 272); Scena 83 – Salotto Blank – Int. notte (pg. 273); Scena 84 – Galleria – Int. notte (pg. 274); Scena 85 – Atrio e uscita – Est. notte (pg. 275); Scena 86 – Strada – Est. notte (pgg. 276 – 277)

La visione degli accoliti della Madre dei Sospiri colpiti a morte insieme alla loro signora, ha di diverso l’immagine di Tanner che “urlando come un’ossessa, si strappa i vestiti di dosso, come se fossero roventi come il fuoco” (pg. 272). E nella fine, Argento aveva immaginato che le lingue di fiamme insieme al palazzo, incendiassero, arrossandolo “anche il nostro schermo” (pg. 277). Fabula acta est. Fine.