Intervista a Sebastiano Vilella

Quattro chiacchiere con un veterano del fumetto italiano
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Sebastiano Vilella è un veterano del fumetto italiano. Nel 1983 esordisce su Eureka con Italo Grimaldi, un commissario fra le due guerre per poi collaborare con diverse importanti riviste  come Reporter, Tempi Supplementari e Frigidaire, su cui pubblica Miticoperaio, Splatter, Mostri, L’Intrepido, ESP. La sua ultima fatica, L’armadio di Satie, è pubblicato da Coconino Press.

Domanda di riscaldamento. Ti andrebbe di presentarti ai lettori di Nocturno?

Mi occupo di fumetto da una trentina d’anni. Ho sempre prediletto storie improntate al mistero, dalle atmosfere noir ed evocative. Trasmettere tensione senza mostrare eccessivamente è sempre stato uno dei punti chiave del mio lavoro. Nei miei ultimi lavori soprattutto, specie L’armadio di Satie, ho avuto modo di approfondire queste tematiche virando sul metafisico spingendomi in territori oscuri ed enigmatici con personaggi realmente esistiti.

Abbiamo quindi un lavoro fortemente venata di letterario.

I riferimenti ai modelli letterari, per me modelli ideali, ci sono senza dubbio. Da Borges a Durenmatt, grandi nomi della letteratura moderna che hanno esplorato i territori del mistero. Anche Gadda e Sciascia sono presenti nella mia opera, per quel che ne riguarda l’aspetto poliziesco.

Possiamo quindi affermare che la barriera fra letteratura alta e intrattenimento va qui a cadere, insieme alla distinzione inutile tra fumetto e letteratura.

La letteratura è sempre e comunque intrattenimento, così come l’autore si dovrebbe sempre sforzare di fornire spunti di riflessione. Il fruitore si sta sempre intrattenendo, è il prodotto che fa la differenza. Quindi, sì, la differenza fra letteratura cosiddetta alta e la letteratura di consumo non esiste, la proposta che parte dell’autore deve in questo senso differenziarsi e stimolare.

D’altronde opere come I fisici, dello stesso Durenmatt, si caratterizzano per un tono non certo gravoso e per un’alta leggibilità.

Una buona letteratura, una buona scrittura, un buon fumetto, deve distinguersi attraverso un linguaggio caratterizzante, di cui la leggibilità è fondamentale. Lo scrittore, sia esso romanziere o fumettista, deve essere  consapevole di rivolgersi a un pubblico che sa cosa sta leggendo e ne conosce i codici.

Da persona che ama il fumetto e ne riconosce la dignità al pari di ogni altra forma di letteratura, qual è il futuro del fumetto, tra crisi e mercato digitale?

Ritengo che il fumetto sia in buona salute. Quando al digitale, esso è una tecnologia che permette di ampliare le potenzialità espressive del mezzo. La tecnica si piega al linguaggio e alla comunicazione. Il digitale è quindi ricco di potenzialità e se la crisi c’è essa si può e si deve rivelare un’opportunità per sviluppare idee nuove. Noi autori possiamo continuare a rendere il fumetto molto vivo come forma di comunicazione. Esso è vivo, vitale, e i giovani sono curiosi a riguardo, spesso interessati non solo all’autore del momento ma cercano autori storicamente importanti e tuttora attuali.