Intervista a Paul W.S. Anderson

Tutta la verità su Resident Evil - The Final Chapter
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Abbiamo incontrato Paul W. S. Anderson, sceneggiatore e regista del ciclo dei Resident Evil, a partire dal primo film del 2002. Ora il cerchio della saga si sta chiudendo con l’ultimo Resident Evil – The Final Chapter, dove Alice- Milla Jovovich torna là dove tutto era iniziato nell’Alveare sotto Raccoon City…

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Che storia stai raccontando in Resident Evil: The Final Chapter?

È un ritorno alle origini del franchise, a quella Raccoon City e all’Alveare dove tutto è iniziato. Alice ritorna lì dove tutto era andato storto per finire quello che aveva iniziato e mettere a posto le cose lasciate in sospeso nel primo film

Siete quindi ritornati alle stesse location del primo film?

Esattamente! Abbiamo ricostruito alcune delle scenografie del film originale per riportare il pubblico in quei posti dove ha incontrato il personaggio di Alice, dove Alice incontra per la prima volta la Regina Rossa e il virus viene rilasciato. L’intenzione è rimandare lo spettatore all’inizio della storia per fargli riesaminare tutto quello che è successo, come un nastro di Moebius

 Avete svelato finalmente in questo capitolo finale i segreti e le domande irrisolte sorte nel corso della saga?

Sì, c’è un’intera serie di segreti che avevamo in mente da lungo tempo e che finalmente verranno svelati in questo film

Quali sono le tue sensazioni su questo film in confronto ai precedenti?

Credo che questo sia il capitolo più forte della serie dopo il primo, a cui sono particolarmente legato. L’originale ha una struttura narrativa molto interessante che sono riuscito in seguito a ricreare solo con l’ultimo capitolo. Ho lavorato duramente per riportare Resident Evil – The Final Chapter a quel tipo di atmosfere

Come hai fatto?

Rendendolo più realistico e anche un po’ più terrorizzante. Mi ha aiutato molto il tempo che la gravidanza di Milla mi ha regalato prima di iniziare le riprese del film, così che potessi lavorare maggiormente sulla sceneggiatura. Nei film precedenti non avevo avuto tutto questo tempo, a parte il primo

Come mai?

Avevo la possibilità di lavorare parecchio al primo script perché allora nessuno era in attesa di Resident Evil. Questo mi ha regalato un sacco di tempo per scrivere senza avere la pressione di realizzare subito il film, cosa che non è successo con i film successivi. Questo metodo funzionava alla grande per me, ma dopo il primo Resident il tempo per preparare il film, pensarci sopra, scriverlo e poi affinare la sceneggiatura era ristretto

Secondo te cosa renderà Resident Evil – The Final Chapter interessante per i milioni di fan che ha in tutto il mondo?

Credo che quest’ultimo capitolo scavi in profondità nella mitologia della serie portando anche qualcosa di nuovo. Per questo i fans dei film scopriranno molto e lo stesso sarà per i giocatori

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Perché i fan del gioco avranno un particolare interesse per Resident Evil – The Final Chapter

Perché abbiamo fatto in modo che molti dettagli noti ai fruitori del gioco fossero inseriti nel film. Il nostro scenografo Ed Thomas ha supervisionato tutto. Se vedi ad esempio l’arma che Milla porta con sé, conosciuta come Hydra, è un canne mozze a tre canne che è una delle grandi feature dei giochi. Lo stesso si può dire di alcune linee narrative e di location. Ci sarà molto del mondo di Resident Evil in questo film

La verità è che nessun altro franchise è riuscito ad adattare un gioco al grande schermo con lo stesso successo di Resident Evil…

Credo che adattare un gioco al cinema non sia facile, è un processo generalmente sottovalutato. Persino molti produttori guardano un videogioco e pensano: «Beh, è una passeggiata, sembra già un film, quanto può essere difficile metterlo su pellicola?». Ma la risposta è che è abbastanza complicato e per questo ci sono un sacco di adattamenti che hanno fallito. Se stili una lista con quelli che hanno avuto successo e la confronti con l’elenco dei fallimenti, il confronto è nettamente a favore di quest’ultimo

 Qual è la sfida principale in questo processo?.

La questione è che, benché siano entrambi prodotti visivi, fanno comunque parte di due medium diversi. Quello che rende il videogame un successo non necessariamente fa lo stesso con i film. E mentre tu devi attirare il nocciolo duro dei fan che amano il gioco, devi anche realizzare un film. Così rischi di allontanarli se ti prendi troppe libertà, ma allo stesso tempo se non prendi una strada diversa non attiri il pubblico cinematografico. È una linea sottilissima

Perché credi di poter percorrere questa linea così bene?

Credo che sia per la passione e l’amore che nutro per la proprietà intellettuale originale. Amavo Mortal Kombat e ci giocavo tutto il tempo, come puoi notare nei film che giro. Lo stesso accadde con Resident Evil, dove mi sentivo di poter variare con precisione perché conoscevo bene la materia prima.

Oltre al gioco, quali sono le tue influenze cinematografiche?

Sicuramente i film di Romero su cui anche i videogiochi sono basati. Il secondo RE è pesantemente influenzato da John Carpenter, come puoi notare dai riferimenti ad Halloween, Distretto 13 e Fog, grandi capolavori e fonti di ispirazione. Puoi anche vedere qua e là omaggi a Interceptor e a 1997 Fuga da New York. In Resident Evil  -The Final Chapter ci sono anche molte influenze dal classico La fortezza di Michael Mann per il look delle location. È stato divertente sviluppare una saga su un periodo molto ampio perché non mi poneva limiti sul numero delle fonti di ispirazione

Dopo tutti questi anni, sei pronto a dire addio a Resident Evil?

Per niente! Temevo il giorno della fin delle riprese e l’inizio della promozione del film. È una parte consistente della mia vita e me la sono davvero goduta. Ho sempre voluto una fine soddisfacente e allo stesso tempo non volevo che finisse. È un’esperienza contraddittoria, così entusiasmante e triste allo stesso tempo. Abbiamo comunque fatto del nostro meglio per realizzare il miglior finale possibile.

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Questo implica anche che Milla Jovovich interpreta Alice per l’ultima volta. Come hai visto la sua evoluzione da attrice nel corso dei film?

È cresciuta molto come attrice. È stato interessante realizzare gli ultimi tre film, perché sono stati fatti dalla medesima troupe e tutti hanno detto come Milla sia cresciuta. All’inizio era una supermodella con la pretesa di essere un personaggio cool, adesso è un personaggio cool e basta (ride). Nei primi film mi consultava sempre su come recitare i dialoghi e io le rispondevo: «Devi pensare a Clint Eastwood» e subito vedevamo insieme tutti i suoi film, oppure le dicevo «Devi parlare come Steve McQueen» e poi recuperavamo tutti i suoi film. Ora non lo fa più, ha trovato la sua strada, una voce davvero da badass. In più è davvero forte! Alcune delle scene di combattimento che abbiamo girato per Resident Evil – The Final Chapter sono tra le cose migliori che abbia mai girato e lei è davvero una forza della natura

Come ha fatto a diventare così forte?

Non ha niente a che fare con cavi o effetti speciali, ha semplicemente sviluppato una grande forza fisica, frutto non solo dell’esperienza nei film ma anche nella vita. Credo che il fatto che sia diventata madre l’abbia resa più forte, aggressiva e protettiva.

Tu ami girare il più possibile scene d’azione reali, giusto?

Assolutamente, niente è meglio del reale. Ti rivolgi agli effetti speciali solo se devi e cerchi comunque di renderli realistici. Più puoi girare tutto con la camera, meglio è. Poi ovvio, un film come questo avrà una forte presenza di CGI ma cerco sempre di mantenere reali almeno il 70-80% delle immagini. Così abbiamo realizzato il primo Resident Evil ed è quello che sto cercando di fare con The Last Chapter, evitando di avere troppa computer grafica e cercando di girare dal vivo nel modo più grandioso, spettacolare ed eccitante possibile.

Come definiresti il look di questo film rispetto ai precedenti?

Penso che questo sia più crudo e realistico in confronto agli altri. Ho sempre cercato di farli sempre differenti, ma avvertivo che il film precedente era troppo pulito, tecnologico e orientato alla fantascienza. Probabilmente è una reazione al look eccessivamente pulito di quel film il fatto questo sia maggiormente influenzato dalle location.

Parlando di location, cosa ha portato al film il fatto di aver girato in Sudafrica?

Che scenari meravigliosi che ho trovato lì! Ad esempio, abbiamo girato su due miglia di autostrada abbandonata a Pretoria e grazie a questo abbiamo queste sequenze formidabili che sembrano siano state fatte al computer, perché è difficile credere che questa strada devastata con rottami e carcasse possa essere reale. Il Sudafrica ci ha regalato quel realismo di cui i precedenti film difettavano.

Ma avendo a che fare con tutte queste scene in esterni, non c’erano difficoltà nelle riprese a causa del meteo?

Guarda, credo che uno dei vantaggi di essere un filmmaker inglese è che al maltempo ci sei più che abituato: se non riesci a girare col maltempo in Inghilterra allora non potrai mai fare il regista (ride).  La giornata tipo di riprese a Londra ha la nebbia al mattino, un po’ di sole nel pomeriggio per chiudere la sera con pioggia o addirittura neve!

Adesso che stai concludendo la serie, credi di aver raggiunto gli obiettivi che ti eri prefissato?

Il mio scopo iniziale era realizzare un bel film e quando ripenso a quando realizzammo il primo Resident Evil, è un sogno diventato realità il fatto che siamo arrivati così lontano e ottenuto un così grande successo. Il primo film era una coproduzione internazionale senza distribuzione americana e se allora mi avessero detto che saremmo arrivati a fare il sesto film avrei detto “Sì come no”. Quindi ho ottenuto molto di più di quanto mi aspettassi