Intervista a Andrea Mutti

Parla l'autore della celebre serie Hammer
Featured Image

Italia, Francia, Stati Uniti. Dalla leggendaria serie Hammer ai vertici del fumetto mondiale, passando per la Bonelli e per la patria della bande dessinée, la Francia, Andrea “Red” Mutti è ha girato mezzo mondo facendo quel che ama, i fumetti.

Buongiorno, Andrea: raccontaci la tua storia. Da dove vieni? Come hai iniziato a fare fumetti e qual è il tuo percorso?

Ciao! Beh, arrivo da Brescia, quindi non molto lontano, dai! Con il diploma di geometra mi sono fatto tre anni di scuola di fumetto, quella del maestro Ruben Sosa, sempre a Brescia… Ma l’amore per i fumetti arriva da lontano, quella sì. Ero davvero piccolo, e già spulciavo la libreria di mio zio che raccoglieva Tex, Mister No, Ken Parker e Zagor. Non sapevo leggere, eppure quelle storie le leggevo: prima regola di un buon fumettaro: far leggere senza le parole. Ho cominciato con le mitiche fanzine per passare alle prime etichette indipendenti. Poi Star Comics, Bonelli e tutto il resto. Insomma, una bella gavetta: mi è servito tutto.

Conosci per esperienza diretta tre dei quattro mercati più importanti del fumetto mondiale: Italia, Francia e Stati Uniti. Quali sono le peculiarità e le differenze fra i tre contesti?

Sono modi di raccontare davvero diversi, che rispecchiano la storia del Paese stesso, senza lungaggini inutili, ma è un dettaglio importante, anche per chi approccia tardi la materia. Non esiste meglio o peggio, ovvio. Rimane solo il luogo dove l’artista meglio sta, meglio si sente, dal punto di vista espressivo. E dove si sente anche più gratificato. Questo è un mondo piccolo, molto piccolo, fatto di molte persone, quindi serve anche trovare un giusto bilanciamento e cercare sempre di non credere di essere approdati… che è un limite espressivo/stilistico oltre che pratico. Abbiamo, quindi, una narrativa teatrale e spessa come quella francese; quella popolare italiana con le sue avventure e personaggi immortali e continuativi; e quella spaccona e smash americana. Tutti parenti tra di loro, ma che si vedono poco alle cene di Natale, se mi passate la metafora…

Sempre parlando di peculiarità e differenze fra questi tre mercati: quali sono quando si tratta, in termini tecnici, di raccontare una storia? In che modo si fa fumetto in giro per il mondo?

Negli USA è “semplice”: ti chiamano e, se sei libero, si parte. Poi lì hai un grande lavoro di squadra, senti proprio il team: avanti tutti e forza tutti! La cosa bella, in USA, è che senti che si fidano di te come professionista e come persona, sanno che è il tuo mestiere, ti hanno chiamato apposta. Quindi, tutto sembra più semplice, senti la condivisione. In Francia, a volte, c’è un po’ più di formalità, forse si è calcificato un senso autoriale che deve, in qualche modo, evolversi. Mi sembra di avvertire la divisione dei ruoli… Una cosa diversa, insomma. In Italia, si ha la grande forza della continuità, forse oggi un po’ meno di un tempo, ma è sempre tanta roba. E, diciamolo, rimane, il nostro, un grande mercato che, però, soffre di un’ingiusta provincialità. La solida mensilità, forse, rimane un limite narrativo, la paura di un cambiamento che, se arriva tardi, diventa pericoloso. Ma siamo bravi come gli altri, lo voglio ricordare. Detesto quando ci si riempie la bocca della parola “qualità”, nel fumetto; ha lo stesso valore di “artista”. Non vuol dire un cacchio. Mia idea, beninteso.

Un’opera italiana, un’opera francese e una americana, di quelle da te realizzate, a cui sei particolarmente legato

HAMMER per l’Italia, Batman per gli USA e Break Point per la Francia

Uno sceneggiatore con cui sogni di lavorare?

Uff! Sarei presuntuoso, ma ho avuto l’onore di lavorare con dei grandi e, lasciamelo dire, anche quelli che non sono “dei grandi ancora”, si sono dimostrati, nel tempo, grandi persone. Direi che è tanta roba, no?

Come vedi il presente e il futuro del fumetto?

Domandina maledetta! Voglio solo dire questo: abbiamo fatto tanto per sdoganare il fumetto da semplice opera “idiota” e per bamboccioni perditempo. Spero si rimanga solidi su questa linea di principio, senza farsi lusingare da facili profitti o mode passeggere che, come sapete, passano. Come nel cinema, non sono i soldi a fare la differenza, né l’originalità per forza, ma le idee e come le si racconta… Sono i personaggi che devono rimanere. Non serve scioccare il pubblico per far rumore. Le gare, tutte, si vincono nei minuti finali.

Hai progetti in cantiere? Qual è il tuo futuro?

Certo, sono al lavoro su un progetto con DUPUIS, qualcosa di davvero divertente, e ho in ballo tre progetti in USA. Mi tengo occupato. Siamo freelance, ragazzi! Il futuro? Parafrasando un grande saggio: fammi indovino e ti farò ricco! Grazie!