Incontro con Roberto De Paolis e Jonas Carpignano

I due registi al Filmfest München 2017
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Wildes Italiens: al Filmfest München  2017 incontro con i registi Roberto De Paolis e Jonas Carpignano.

Il cinema italiano è, al momento, sempre più interessato a trattare la vita degli emarginati. Questo è quanto emerge all’inizio del confronto con i due registi italiani formatisi all’estero, a Londra e a New York, Roberto De Paolis e l’italo-americano Jonas Carpignano. Carpignano si era già fatto notare al festival di Cannes 2015 con il suo Mediterranea, in cui  recita lo stesso protagonista non professionista di A Ciambra, il film presentato a Monaco di Baviera, il giovanissimo  Pio Amato. De Paolis è, invece, alla sua opera prima con Cuori puri, selezionato alla Quintane de  Rèalisateurs a Cannes 2017. Da una parte Gioia Tauro e la realtà dei rifugiati, dall’altra la vita nella periferia della capitale in cui la comunità ROM sembra minacciare le poche certezze di chi è forse già ai  margini quanto loro: i rifugiati e gli italiani poveri .Sono fasce della società che si odiano perché sono simili. E ognuna di essa esercita  sull’altra la propria proiezione psicologica.

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Questi registi, che hanno stabilito tra loro come un patto di fratellanza, molto evidente anche nel loro modo di interagire durante l’intervista, hanno in comune la scelta degli attori, spesso reclutati tra personaggi “veri” , i cosiddetti non professionisti con i quali entrambi dichiarano di riuscire a stringere rapporti umani molto speciali, che vanno ben oltre la classica relazione regista/attore e che consentono loro spesso di girare scene del film durante momenti di vita vera. Tra l’altro De Paolis, che è anche fotografo, ama fermare in alcuni  scatti queste persone proprio quando non stanno recitando. E lui, come Carpignano,  preferisce avere sul set non troppe persone oltre a quelle strettamente necessarie, vale a dire regista-cameraman-attori.

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Il discorso tocca anche il delicato tema “danaro” e produzione; i loro film sono stati prodotti con circa 40.000 euro ciascuno, cifre irrisorie se confrontate ai budget dei grandi circuiti, ma difficili da reperire quando si è ancora un regista di belle speranze. E a questo punto la scelta, artistica, di puntare su gente comune e non su attori, ha anche una sua ricaduta economica. Anche se poi i personaggi dei loro film hanno tutto da guadagnare, perché le storie raccontate non solo sono su di loro, i poveri , i rifugiati, gli zingari, ma sono raccontate proprio dal punto di vista di questi personaggi stessi, una gran bella occasione quindi. L’incontro si conclude con l’unanime augurio, da parte di pubblico e intervistati, che il cinema italiano, che non gode di un brutto momento, possa però ancora crescere con storie non banali, che parlino della vita reale e che possano essere raccontate al meglio solo attraverso meravigliose inquadrature “brutte”.