Gli ultimi zombi del maestro Bruno Mattei

L’isola dei morti viventi e Zombi: la creazione

L’isola dei morti viventi e Zombi: la creazione sono gli ultimi film diretti dal compianto Bruno Mattei. Dopo i furori degli anni Settanta e Ottanta tra horror, nazi-movie, WIP ed action-movie – in una contaminatio generum seconda solo a Joe D’Amato –  Mattei si è “riciclato” anche negli anni Novanta e Duemila, proseguendo imperterrito nelle sue produzioni low-budget di exploitation. Conduce un’operazione nostalgica e donchisciottesca (firma persino la regia con il vecchio pseudonimo Vincent Dawn), cercando di riportare in auge un sistema produttivo estinto e filoni scomparsi da tempo quali il WIP, il cannibal-movie e lo zombie-movie. I due horror “gemelli” del 2007 L’isola dei morti viventi e Zombi: la creazione, sono usciti da poco in Dvd in prima assoluta italiana per la label 30 Holding. Come quasi tutti i Mattei degli anni Duemila, anche questi sono stati girati in digitale, prodotti da Gianni Paolucci (quello dell’argentiano Dracula 3D) con un budget ridottissimo e destinati al mercato direct-to-video. Riprendendo una consuetudine degli anni Ottanta, la produzione italiana si trasferisce in un Paese esotico (le Filippine), affiancando maestranze italiane con attori e tecnici americani o presi in loco, in modo da ridurre al massimo le spese, e sfruttando le stesse location per più film.

I tempi sono però cambiati, Mattei non può più permettersi i costi della pellicola e deve arrendersi all’avvento del digitale. E questo è il problema principale dei film in oggetto: l’immagine è terribile, piattissima come una fiction o una soap-opera, manca completamente la profondità di campo e l’immagine cinematografica, e anche il digitale (che in certi film genera un effetto-pellicola) è usato male, per cui si crea un curioso effetto spiazzante vedendo zombi o cannibali inquadrati come se fossero in un qualsiasi telefilm. È incredibile vedere come il regista di cult assoluti come Virus e Rats sia al timone di film così brutti visivamente. Eppure, se li guardiamo per come sono (prodotti divertenti e di puro intrattenimento), riescono a fare simpatia agli amanti più incalliti di questo cinema: notiamo ad esempio la presenza di effetti speciali notevoli, una fantasia e un ritmo che Mattei non ha perso col passare degli anni. Anche le interpretazioni sono grezze, di stampo televisivo, diciamo pure trash, certamente penalizzate da un doppiaggio ai minimi termini. È pur vero che anche in Virus e consimili le recitazioni erano sopra le righe, ma prendiamo ad esempio il personaggio di Santoro (Franco Garofalo) con la sua irresistibile follia e confrontiamolo con gli anonimi protagonisti degli horror contemporanei: è sufficiente uno sguardo, una battuta, senza tante spiegazioni, per capire che siamo su due pianeti diversi.

L’isola dei morti viventi, scritto da Antonio Tentori insieme a Mattei e Paolucci, è uno zombi-movie di stampo classico (per modo di dire), e vede un gruppo di esploratori naufragare su una misteriosa isola nell’Oceano, nemmeno segnata sulle carte geografiche. Secoli prima, fu vittima di una maledizione che riportò in vita i morti: i protagonisti dovranno far fronte alle orde di famelici zombi risvegliatisi proprio al loro arrivo. Una trama essenziale, che vuole omaggiare le ambientazioni esotiche di Zombi 2, Zombi holocaust, etc., ma che riesce ad essere sgangherata anche nella sua semplicità. L’equipaggio, capitano da quel Ronald (Gaetano) Russo celebre negli horror anni Ottanta/Novanta e dalla bella asiatica Yvette Yzon, incontrano zombi classici ma anche zombi con denti da vampiro oppure zombi che appaiono e scompaiono come fantasmi. Il team degli FX realizza un lavoro notevole in old-style, in controtendenza con gli scattanti morti viventi tanto in voga oggi, con un make-up che li rende putridi, macilenti, con teste che esplodono, carne strappata e tanto sangue, inseriti in un suggestivo contesto gotico. È anche un divertente trivial di citazioni, da Romero a Poe, da Fog di Carpenter fino all’autocitazione di Virus.

Con Zombi: la creazione finiamo poi nel delirio più totale. La stessa Yzon, che al termine del film precedente diventava uno zombi, viene invece tratta in salvo da una nave e riportata alla civiltà. Nessuno crede alla sua storia, tranne una multinazionale che la porta con sé su un’altra isola dove stanno facendo misteriosi esperimenti: il gruppo sarà assalito da un’orda di zombi e creature mostruose. Come nel primo, azione ed effetti speciali di buon artigianato non mancano – anzi, questo è il punto di forza dei due film, che altrimenti non avrebbero ragione di esistere. Se L’isola dei morti viventi voleva riecheggiare Zombi 2, qui Mattei sembra fare una sorta di remake del suo Virus. Zombi marci e incespicanti si affiancano ad altre orribili creature, feti impiantati nei morti viventi e creature aliene che convogliano in un finale allucinante in stile Contamination di Cozzi, senza una minima logica di sceneggiatura (scritta ancora da Tentori e Paolucci senza Mattei), ma con tanto gore e splatter.