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The Names

Autore:
Peter Milligan & Leandro Fernandez
Editore:
Lion

Il nostro giudizio

Sul termine high concept si può dire molto, e molte sono le possibili interpretazioni, a prescindere dalle quali un aspetto della questione è incontrovertibile: l’idea forte. Una trovata, una pensata brillante, un concetto attorno al quale costruire una storia dalle forti potenzialità dal punto di vista della narrazione e dell’intrattenimento. Un corollario che dovrebbe, e purtroppo mi tocca dire dovrebbe, essere palese, è che una grande idea da sola non basta, e che non si può prescindere da altri fattori quali lo storytelling, i personaggi o, nello specifico dei fumetti, il disegno. Lascia perplesso che sia proprio Peter Milligan, un veterano del fumetto americano con all’attivo lavori importanti come Shade the Changing Man ed X-Statix, serie graffianti e controverse, a cadere in un errore tanto madornale.

The Names, infatti, trova le sue premesse in una cospirazione portata avanti da un gruppo di persone in grado, attraverso la matematica, di manipolare la finanza mondiale fino a mandare in bancarotta intere nazioni. Questo è lo sfondo su cui una delle vittime dei Nomi, il marito della quale è stato spinto al suicidio, porta avanti la sua vendetta. La miscela, potenzialmente, è esplosiva. Potenzialmente, ma nel concreto The Names è un buco nell’acqua. Piatta, banale e senza ritmo, la scrittura di Milligan si trascina pagina dopo pagina mettendo in scena personaggi scialbi e anonimi, più macchiette raccogliticce che veri e propri attori di una storia, il tutto condito da un sapore di già visto che lascia l’amaro in bocca.

Il segno grafico di Leandro Fernandez, dal canto suo, suscita due reazioni. La prima è: wow, si ispira a Eduardo Risso! La seconda, proseguendo nella lettura, è: ah, ma questo copia Eduardo Risso. E lo copia pure male, intuendone solo superficialmente i punti di forza in un’imitazione svuotata del benché minimo carattere. La pubblicazione di The Names è passata in sordina e la cosa è comprensibile. Quel che non si spiega è quale fosse il bisogno di pubblicare un fumetto tanto inutile.