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Pompei

Autore:
Toni Alfano
Editore:
Neo Edizioni

Il nostro giudizio

In narrativa, qualsiasi scelta che abbia a che vedere con linearità e chiarezza è una scelta di confine. Significa porsi in un determinato modo rispetto a chi sta dall’altra parte, decidendo quanto chiedere e quanto concedere, se venire incontro o se farsi inseguire. Eccezion fatta per le scelte di comodo, tipiche di opere volutamente oscure, che nascondono con un ermetismo ostentato la più becera mancanza di contenuti e di idee, il progressivo allontanarsi da una narrazione semplice, lineare e cristallina è spesso una scelta consapevole delle difficoltà che comporta e delle rinunce implicite, in termini di pubblico, a cui l’autore va incontro.
Pompei, opera d’esordio di Toni Alfano, è un fumetto con poche mezze misure. La narrazione ha un andamento frammentato, ondivago, costruita com’è su rimandi, allusioni e non detto. Un’opera difficile, un rompicapo che chiede moltissimo al lettore non senza l’intenzione, sia chiaro, di restituire altrettanto in termini emotivi ed estetici. Pompei è infatti, nel proprio spingere il mezzo verso i propri limiti espressivi, un fumetto intenso e intimista, ricco nel proprio essere autoriale.
Graficamente, siamo sui binari dell’eclettismo e della sperimentazione. Alfano sperimenta, gioca, prova diverse soluzioni per raccontare una girandola caleidoscopica di stati d’animo, vuole disorientare e, nel bene e nel male, ci riesce benissimo. Inseguire l’autore lungo il filo del proprio discorso, infatti, è soddisfacente e stancante al tempo stesso, la sua è un’opera che bisogna voler leggere, ma proprio per questo chi la leggerà fino in fondo lo farà perché lo avrà voluto, in un tour de force che lascia il lettore con il fiatone ma, di certo, non con un pugno di mosche. Pompei è coraggioso proprio nel suo essere difficilmente classificabile.