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Lake of Fire

Autore:
Nathan Fairbairn, Matt Smith
Editore:
Saldapress

Il nostro giudizio

L’universo narrativo di Aliens è ormai parte dell’inconscio collettivo contemporaneo, un concept semplice ma potente in grado di generare intorno a sé una mitologia rimasta impressa negli anni, e nelle proprie numerose e non sempre felici evoluzioni, nell’immaginario di lettori e spettatori. Aliens è diventato un sottogenere, un filone a metà tra la fantascienza e l’horror, in grado di generare diversi epigoni. Aliens è canone. Nathan Fairbairn e Matt Smith, con il loro Lake of Fire, affrontano il canone senza rileggerlo o ribaltarlo in maniera radicale ma, in definitiva, modificando solo l’elemento in grado di dare alla storia un’atmosfera completamente diversa, al punto di rischiare di perdere la connessione fra il fumetto e il parto creativo di Ridley Scott.

Il trucco è tanto semplice da sembrare banale: un’astronave infestata da xenomorfi tremendamente familiari, imitazioni scoperte ma niente affatto furbette, si schianta in Linguadoca, Francia meridionale, in un medioevo alle prese con guerre e stermini di eretici. Semplice. Quasi banale. Ma cambia letteralmente tutto. L’abilità di Fairbairn è infatti quella di filtrare tutto attraverso il punto di vista dei protagonisti che, osservando la realtà attraverso la lente di una religione vissuta oltre i limiti del fanatismo, forniscono una chiave di lettura a base di demoni e laghi di fuoco infernale tanto falsa quanto febbrilmente intensa.

Il volume gira come un orologio svizzero, il ritmo è sempre elevato, la lettura scorrevole e il segno grafico ricorda David Rubin pur senza eguagliarne i virtuosismi in termini di regia e di storytelling. Una rivisitazione piacevole di un canone inflazionato, leggibile pur senza grandi pretese ma che centra in pieno l’obiettivo del puro intrattenimento.