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Fuggire – memorie di un ostaggio

Autore:
Guy Delisle
Editore:
Rizzoli Lizard

Il nostro giudizio

Nonostante il nome composto indichi una stretta vicinanza del genere con il giornalismo, e di conseguenza uno stretto rapporto con la realtà dei fatti, il graphic journalism non dimentica, e non deve dimenticare, di appartenere al genere fiction e, pertanto, di portare con sé uno sguardo e un’impronta stilistica tipica di un autore di fiction, esulando dal semplice riportare gli avvenimenti. Guy Delisle, autore di numerosi fumetti di questo genere, fra tutti Cronache di Gerusalemme, Shenzen e Pyongyang, questa lezione l’ha imparata nel bene e nel male. La sua mano si vede in ogni aspetto dei volumi che realizza, quel segno pulito ai limiti della freddezza che fa il paio con un distacco quasi asettico nello scrivere situazioni e personaggi sono un marchio di fabbrica che rende uniche le opere di Delisle, piaccia o meno.

Sì perché, se da una parte l’approccio distaccato dell’autore canadese ne costituisce la singolare voce narrativa, dall’altra non sempre esso si adatta alle vicende raccontate. Se, infatti, una certa presa di distanza netta e un filo ironica funziona quando l’autore racconta di sé e della propria esperienza in una realtà come la Corea del Nord in Pyongyang, essa funziona quasi al contrario in Fuggire – memorie di un ostaggio, la storia della lunga prigionia di un volontario fatto prigioniero dai guerriglieri ceceni. Delisle ci prova, a raccontare l’attesa, l’angoscia e la paura di una uomo in mano a persone con cui a malapena riesce a comunicare, recluso e ignaro del proprio destino.

L’autore non riesce a staccarsi dal proprio sguardo, dal proprio modo di raccontare fallendo, almeno in parte, nel comunicare tutto il dramma di un vissuto del genere. Fuggire – memorie di un ostaggio è certamente scorrevole e ha il merito di gettare uno sguardo su una realtà poco conosciuta e da tempo trascurata dai media e, a ogni modo, non è che non si lasci leggere, anzi, ma potrebbe coinvolgere molto, molto di più.