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American monster vol.1

Autore:
Brian Azzarello & Juan Doe
Editore:
SaldaPress

Il nostro giudizio

L’espressione velleità letterarie viene spesso pronunciata come qualcosa a metà fra l’insulto e la bestemmia, quasi un sinonimo di fighettismo.  Ora, fermo restando che i casi in cui le cose stanno esattamente in questo modo non mancano, le velleità, o meglio ancora le ambizioni letterarie, possono semplicemente rappresentare una precisa intenzione da parte di un autore, la volontà di trascendere il semplice intrattenimento per raccontare le contraddizioni della realtà che lo circonda. American monster vol. 1, in tal senso, ha forti velleità letterarie, inserendosi volutamente nel solco tracciato da Vertigo, la linea editoriale con cui DC Comics ha concretizzato le linee guida di un determinato modo di concepire il fumetto come prodotto adulto e adatto agli scaffali delle librerie generaliste.

La storia che Brian Azzarello scrive si presenta come il classico noir molto americano, in cui una figura tormentata, nella fattispecie uno sfigurato senza volto, arriva in una cittadina di provincia mettendone a nudo le dinamiche più malate per opporsi a esse con la violenza. Il punto davvero interessante, in American monster, non è tanto il rovesciamento per cui, nel corso della storia, tutto si rivelerà essere altro rispetto alle aspettative iniziali – fin qui in un certo senso nulla di nuovo -, quanto piuttosto l’esplorazione, attraverso la narrazione, delle contraddizioni che vivono in seno all’America profonda: quelle ferite aperte, dal rapporto con i veterani di guerra al razzismo, che vanno a far parte del tessuto e della cifra di una società.

Azzarello vince la scommessa nel dare vita a un’opera che riesce a intrattenere e a trasmettere spunti di riflessione pur soffrendo di una certa dispersività e di un ritmo talvolta troppo lento, rischiando di perdere il lettore soprattutto nelle fasi immediatamente successive a quelle iniziali in cui, esaurita la forza propulsiva dell’incipit, la storia deve in qualche modo ingranare. Buono il lavoro di Juan Doe alle matite, con un tratto à la Eduardo Risso con una tecnica più evoluta in termini di storytelling.