Due lingue diaboliche: Dario Argento intervista George A. Romero

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Nel 2001 George A. Romero veniva in Italia come ospite del Torino Film Festival. Presentava una retrospettiva dei suoi film, con in cima Zombi. Tra le altre cose di quella memorabile edizione del Festival, si ricordano un incendio che devastò un magazzino all’interno del quale giaceva la director’s cut di Martin, che in Italia, all’epoca si era visto solo nel rimaneggiamento intitolato Wampyr. E l’incontro sul palco del cinema Reposi tra il padre della moderna scienza dei morti viventi e Dario Argento, l’uomo grazie al quale poté compiersi il miracolo di Zombi. Noi c’eravamo e registrammo questa memorabile conversazione, pubblicata integralmente sul numero 24 di Nocturno seconda serie. 

Dario Argento Sono contento di presentare qui, questa sera, un ospite di eccezione, un regista che ha cambiato la storia del cinema horror e con il quale ho avuto la fortuna di lavorare: George A. Romero

George Romero Dario ha salvato la mia carriera, perché all’epoca è stato l’unico che ha voluto produrre Zombi; io ero in attesa di qualcosa da fare e lui mi ha chiamato, proponendomi questo film. Oltre che in Zombi, Dario ha poi lavorato con me anche in Due occhi diabolici

DA Abbiamo anche in progetto di fare altri film insieme, ad esempio il prossimo capitolo della saga degli zombi… perché abbiamo un ottimo rapporto sul set. E stiamo talmente bene insieme che, forse, un giorno faremo anche un bambino!

GR A parte gli scherzi, devo molto a Dario perché senza di lui Zombi, il mio film di maggior successo, non avrebbe potuto essere realizzato. Gli sono molto grato, perché ha ridato vita alla mia carriera. Tutti i miei film precedenti non avevano avuto una grande distribuzione, mentre questo è stato presentato in tutto il mondo e mi ha dato l’opportunità di continuare. Quindi, grazie Dario, per tutto!

DA Sono particolarmente contento che Zombi venga riproposto dopo tanti anni proprio qui, al Reposi di Torino. Sarà una coincidenza o una magia, ma tanti anni fa, Zombi uscì in prima visione proprio in questa sala. Il distributore lo vedeva come un film molto strano, troppo movimentato: la musica era troppo estrema, pensava che sarebbe andato male e io ero un po’ impaurito da questa profezia orribile. Non sapevo che fare e allora dissi: «Vabbé, facciamo la prima a Torino che è una città che amo, perché ci ho fatto Profondo rosso; se va male lì, lo leviamo di mezzo». Era un venerdì pomeriggio e sono venuto qui al Reposi abbastanza terrorizzato; ma ricordo che venendo dall’albergo vedevo un sacco di gente e pensavo: allora la cosa non va male!… e infatti quando sono arrivato era pienissimo; sono entrato e ho ringraziato tutti di essere venuti. Il film arrivava dopo una lunga serie di disavventure in Italia, perché in censura mi fecero tagliare un sacco di scene e allora lo ritirai. Quello che mi chiedevano di eliminare era troppo; pensai, addirittura, che il montaggio sarebbe stato poco comprensibile e allora feci dei piccoli tagli, dei piccoli raffazzonamenti, e riuscii ad ottenere una procedura d’urgenza (di solito la censura rivede i film anche dopo sei mesi). Quando il film finalmente uscì ottenne un divieto ai minori di diciotto anni che, per me, era abbastanza grave, perché lo avevamo fatto pensando a un pubblico di ragazzi… Ho un ricordo meraviglioso di Zombi, ma non vorrei parlare solamente di questo film, che pure è stato così importante per la mia carriera e per quella di George. Penso che molti di voi vorrebbero conoscere meglio questo personaggio misterioso che risponde al nome di George A. Romero; vorrebbero sapere, ad esempio, chi è, da dove viene, cosa ha fatto. Bene, a questo punto farò una breve introduzione: George è nato e cresciuto a New York, e si è trasferito a Pittsburgh – a differenza di quello che crede la maggioranza dei suoi fan – solo quando era già grandicello, per motivi di studio. Di lui posso solo dire che è un artista, un ottimo disegnatore e una persona di valore. Il cinema è arrivato in seguito nella sua vita. Fu quasi un incidente. Mi piacerebbe che George ci raccontasse questo periodo della sua vita, gli studi d’arte e di come poi, dopo, sia arrivato a fare i primi piccoli film…

GR Mi sono trasferito a Pittsburgh per andare all’Università, per studiare pittura e design. Mio padre era un artista e mi ci sono voluti tre anni per capire che non ero al suo livello. Così sono passato a frequentare il corso di arti teatrali perché credevo che mi avrebbe stimolato di più e che potevo avere maggiore successo. All’epoca non pensavo ancora che sarei diventato un regista cinematografico, ho sempre visto il cinema come qualcosa che uno intraprende se appartiene all’ambiente, se ci è nato. Pensavo che mi sarei forse dedicato al teatro; ma il cinema era la mia vera ossessione, insieme ai fumetti della DC. Mi ricordo che all’epoca la Universal aveva ridistribuito una serie di film horror con i classici mostri della fantascienza, che io andavo puntualmente a vedere al cinema. La paura è sempre stato un genere che mi attirava; però non avrei mai immaginavo, andando a vedere questi film, che un giorno sarei diventato un regista horror. All’epoca non c’erano ancora i video, per cui anche i telegiornali venivano fatti su pellicola e c’erano moltissimi laboratori . Fu in uno di questi che cominciai ad avere dimestichezza con il mezzo. Inizialmente facevo il garzone e portavo le pellicole dal laboratorio agli studi. Abbiamo cominciato realizzando spot commerciali e ben presto realizzai che avevamo l’equipaggiamento sufficente e le luci per poter fare un film vero. Decidemmo che potevamo fare il grande salto e il risultato fu La notte dei morti viventi. Questa, in sintesi, è la storia di come entrai nel mondo del cinema… Ma parliamo un po’ di te, caro Dario. Il primo tuo film che ho visto, molti anni prima del nostro incontro, fu L’uccello dalle piume di cristallo, un grosso successo negli States…

DA No, caro George, siamo qui per parlare di te, non di me. Tu, come tanti altri autori della tua generazione, siete nati avendo davanti un certo cinema horror, che era il cinema di Frankenstein, dell’Uomo lupo e via dicendo, fino alle gloriose produzione della Hammer Film. Era un cinema un po’ gotico e l’importanza del tuo lavoro è stato quello di spaccare questa tradizione. La notte dei morti viventi, infatti, è un film ambientato nel nostro mondo, coi nostri vizi, le nostre perversioni… Nessuno più, dopo La notte dei morti viventi, ha fatto i film horror come si facevano prima. Questo è stato il grande movimento che ha creato George. La sua ispirazione, mentre girava La notte…, non guardava certo alla Hammer Film, ma a opere più pretenziose, come Citizen Kane di Orson Welles, che, secondo me, è uno dei più grandi film horror di tutti i tempi, anche se nessuno ha il coraggio di dirlo. I film di Orson Welles erano film horror, spaventosi, tragici… penso che George abbia tratto molte ispirazioni da questo tipo di cinema americano, che era un cinema sociale, di denuncia…

GR Sì, penso che Welles sia stata una delle mie maggiori influenze; ho preso molto più da lui che da chiunque altro. Anche se per quanto riguarda la rottura con il genere horror, trovo che La notte dei morti viventi abbia delle venature gotiche. Non so dire se il mio modo di fare il cinema abbia generato un movimento. Non penso di avere uno stile, non penso di me stesso in quella maniera… posso riconoscere, invece, lo stile di Dario ma non il mio. Continuo a cambiare, e qualche volta penso che i tre film sugli zombi, per esempio, siano completamente differenti, sia da un punto di vista visivo, che nell’approccio al soggetto. Mi rammarico solo di non avere avuto sufficienti opportunità per fare cinema, di non poter vantare una carriera lunga come quella di John Ford.

DA Beh, quella era un’altra epoca…

GR Ora mi piacerebbe fare una domanda io. Cosa è cambiato nella tua vita dopo l’11 settembre?

DA Io non credo che le nostre vite siano cambiate, o almeno spero. Io vorrei fare la stessa vita, vedere i film, essere felice, continuare a sognare, viaggiare… se mi togliete quello, mi ammazzate. Odio quando sento queste facce un po’ cattive che dicono “la vostra vita da questo momento è cambiata!”. Ma perché, perché deve essere cambiata per forza?!? Ma accidenti, adesso arriva uno e decide che la mia vita cambia: non è vero, assolutamente non ci sto su questo cosa…

GR Forse la cosa più spaventosa è l’attitudine degli americani che provano un grande senso di rabbia e che arrivano ad auspicarsi che entrino in vigore delle leggi che possano limitare la libertà personale… Mi auguro che questo non succeda, che si possa continuare ad essere come si è sempre stati e che tutto questo finisca molto presto.

DA Vorrei dire un’altra cosa su George, che forse pochi sanno; lui è una persona importante, e come tutte le persone veramente importanti, come anche tutti i “pazzi”, ha seguito un’utopia fantastica, ed è questa la ragione per cui io lo conoscevo già ancora prima di incontrarlo e per cui tanti altri autori, come lo stesso John Carpenter, lo ammirano. Lui cercò di costruire una specie di contropotere rispetto a Hollywood, il Pittsburgh-power, dove c’era un gruppo di persone che lavorava a un cinema nuovo, un cinema di ricerca, un cinema fatto con nuovi attori, produttori e registi. Lui ha dato vita a questa meravigliosa, fantastica utopia che ha girato tutto il mondo: l’idea che si potevano fare film bellissimi a poco prezzo senza la tirannia delle major. Poi questa utopia si è scontrata con la realtà e io vorrei che ci raccontasse com’è andata a finire…

GR Non so, forse Knightriders rispecchia un po’ quel periodo… abbiamo solo cercato di fare le nostre cose e con i primi film siamo stati parecchio fortunati. Poi, grazie a Dario, abbiamo fatto Zombi… è stato anche un fatto di fortuna. Ma è difficile, ogni anno più difficile; avere gli schermi è quasi impossibile. A quel tempo c’erano parecchi distributori indipendenti, avevamo le nostre chances.

DA So di una cosa incredibile riguardo il finale di La metà oscura

GR Quell’episodio è uno dei motivi per cui odio lavorare con le major. La compagnia era la Orion che, trovandosi in guai finanziari, tagliò il budget del film pretendendo che continuassimo a lavorarci sopra. Sapete che in USA testano i film attraverso i preview, in quel caso di fronte a un pubblico di teenager, i quali hanno avuto da ridire sulle auto, sulla musica, sull’abbigliamento degli attori… cose che non hanno molto a vedere con il film. Ma gli Studios in questo modo si parano il culo per poter esigere dei cambiamenti quando vogliono modificare qualcosa. Uno dei cambiamenti che hanno fatto riguardava la conclusione del racconto di King, dove George Stark veniva portato via dagli uccelli: il pubblico si è lamentato perché il cielo simboleggiava il paradiso, mentre il protagonista meritava di andare all’inferno. La Orion insistette perché cambiassimo questa scena. Fu una grande delusione perché era il momento culminante di tutto il mio film. Tra l’altro, questa decisione comportò un ritardo pazzesco nella distribuzione…

DA Vorrei concludere facendo una tiratina d’orecchie a George, perché questo bisogna dirlo: lui è un po’ pigro e non ha mai molta voglia di mettersi a lavorare. Quanto dobbiamo aspettare per il tuo prossimo film?

GR Appena troverò un produttore serio disposto a investire ancora su di me. Magari potresti essere tu…

DA Perché no? Grazie George.

GR Grazie, grazie molte, grazie a tutti voi. Non sempre capita di essere così bene accetti fuori da casa. Amo Torino, amo il festival, ero qui l’anno scorso e ci sarò anche il prossimo in veste di spettatore.