Arancia meccanica

Dal 1971, lo specchio della contemporaneità

Tratto dall’omonimo romanzo distopico di A. Burgess, Arancia meccanica (A Clockwork Orange) si presenta, sin dalle primissime scene, come un film sociologico e politico dalle basi fantascientifiche ed oniriche. La tagline riassume così la trama: “le avventure di un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l’ultra-violenza e Beethoven”. Alex (Malcolm McDowell) è indubbiamente un eroe negativo, eccentrico e antisociale, capo della banda criminale dei Drughi, nonché esplicito riflesso tanto della gioventù degli anni Settanta, quanto della gioventù contemporanea. Kubrick, come al solito, è coerente al suo stile nella rappresentazione visivo-sonora e nelle citazioni iconografiche: la pop art e l’optical art sfociano in design necessariamente scarni, per far esaltare le azioni dei personaggi, e in chiari riferimenti sessuali; i cenni ai Beatles e ai Pink Floyd non sono casuali, e al contrario contribuiscono alla costruzione dell’assetto di denuncia che realizza passo dopo passo il film; la stessa cosa vale per le citazioni contenute nella Bibbia, basilari per la mordace ironia rivolta all’istituzione religiosa; per ultima, l’auto-citazione di 2001: Odissea nello spazio, pellicola con la quale Arancia meccanica ha tanto in comune. La cosa più importante tra i comuni multipli di questi due capolavori, è indubbiamente la musica, elemento portante finalizzato a definire i contenuti.

Arancia Meccanica

Come in 2001, viene inserita musica classica, principalmente Beethoven e Rossini, da una parte utilizzati per avvicinare lo spettatore al protagonista (che sempre con tenerezza parla del “buon vecchio Ludovico Van”), dall’altra utilizzati come leitmotiv per riconnettere il sunto al titolo. A Clockwork Orange è un detto inglese che indica “qualcosa di bizzarro internamente, ma in superficie apparentemente naturale”, perfetta metafora narrativa dell’intero film, il quale, solo visionandolo, fa emergere l’esasperata violenza insita nei giovani, repressi, abbandonati e ignorati dalle famiglie e dai cardini della società civile. La stessa scelta dei colori rimanda all’indice del titolo, come il bianco, che indica da sempre, e prima di tutto, purezza e sicurezza; ma ancora una volta, è solo apparenza: si veda il latte, o meglio, il Lattepiù che bevono i Drughi, a primo impatto rimandante al materno seno femminile, ma in realtà contenente forti stupefacenti, il cui scopo è lo sballo, per agire più voracemente. Tutti gli elementi sopra citati lavorano alla straordinaria potenza espressiva che, allo stesso tempo, affascina e spaventa lo spettatore, divenuto immediatamente, attraverso gli occhi di Alex, protagonista passivo di un incubo esteticamente sublime, sito all’interno di un futuro imminente. Novità modernissima a suo tempo, Arancia meccanica, attraverso una grottesca drammaticità, e nonostante i quasi cinquant’anni dall’uscita, si pone anche oggi come manifesto anti-politico, diretto ad attaccare la società contemporanea e le istituzioni primarie; come denuncia nei confronti di un sistema strutturato e basato sulle abitudini, opprimente nei termini di libertà di scelta e manipolatore di individui.

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Alex è circondato da caricature attualissime, come ad esempio la figura del tutor, inserito col fine di rappresentare lo Stato, il quale dovrebbe aiutare ed educare i giovani, al posto di renderli burattini della propria ridicola diplomazia. Altro elemento contingente è la messa in scena della violenza del singolo che sfocia nel branco, della voglia di primeggiare e di essere disposti a tutto pur di farlo. Come nella scena di Singing in The Rain, scelta casuale che diviene insostenibile, in cui le pause ritmiche vengono riempite con la violenza, così nella vita, per mezzo della non-istituzionalizzazione e della seguente manipolazione delle menti. Alex è il costituente che apre e chiude la storia, chiaramente ciclica, che si apre e chiude con la protagonista assoluta del film, la violenza, in principio clandestina e irregolare, in chiusura praticamente “legale”. La brutalità resta, ma è esercitata secondo i desideri e gli insignificanti scopi delle autorità. Arancia meccanica è arte, cinema puro, riflessione, manifesto e voce. È una tra le pellicole più contemporanea della storia, tesa a sottolineare, da occhi differenti, la disuguaglianza tra brutalità non istituzionalizzata e brutalità socialmente utile. In poche parole, è denuncia della violenza attraverso la messa in scena della violenza stessa.